VIII
Damin correva di vicolo in vicolo, attorno a lui palazzi scrostati, minuscoli negozi cinesi e alimentari pakistani.
Non vedeva altro che suo fratello Floris, era scolpito nelle sue pupille, pulsava come un ascesso.
Avanzò veloce, calpestò rifiuti, vetri rotti, immondizia lasciata a marcire ai piedi di cassonetti straboccanti.
Schiacciò la carcassa di un gatto: gli tornò in mente la volta in cui Floris l’aveva portato in un cimitero a dissotterrare un morto per fregargli l’oro. Allora avrebbe voluto gettare suo fratello in quella fossa, invece ci era caduto lui, sotto le risate di Floris.
Continuò a correre, respirava puzza di muffa, palazzi cadenti si susseguivano irregolari, di tanto in tanto da una cappella nel muro il volto triste della vergine Maria sembrava compatirlo.
Sfrecciò davanti un edificio distrutto, gli parve di vedere il presepio che aveva costruito a otto anni. Era stata sua madre, quando era ancora in casa, a insegnargli a farlo. Una volta finito, Floris gliel’aveva distrutto, poi ci aveva pisciato sopra e aveva steso lui con un pugno.
«Frocio! Tu giochi cu ‘e bamboline?»
Suo padre rideva, mentre Damin, in lacrime, rimpiangeva il fratello che un tempo lo aiutava a costruire quello stesso presepio, insieme alla loro mamma. Continua a leggere Progetto editoriale: Piciul