I 7 archetipi di Vogler: imparare a riconoscerli

Abbiamo già utilizzato il brillante libro Il viaggio dell’eroe, di Christopher Vogler, per parlare sia della storia in tre atti sia del principio di antagonismo, servendoci anche del prezioso manuale di Robert McKee, Story, ma stavolta desidero usarlo per elencarvi la figura necessaria dei personaggi archetipici, figure che, in un modo o nell’altro, sono riconosciute a livello inconscio dal lettore e subito avvertite come qualcosa di intimo, capaci di creare immediatamente empatia.

Vediamo anzitutto cos’è un archetipo in narrativa.

La parola archetipo, diversamente dallo stereotipo che rappresenta una copia o una riproduzione, significa Immagine originaria, o Modello originario.

L’archetipo è il principio completo e perfetto, mentre gli stereotipi raffigurano un’imitazione parziale o comunque non originaria. Il suo concetto deriva dalla Dottrina delle idee di Platone in cui è menzionato un luogo al di là della materia in cui esistono i concetti nella loro pura origine, privi di contaminazione: principi universali immutabili, immuni dunque al divenire e al mutamento come gli oggetti empirici, i quali si pongono rispetto alle idee cercando di imitarle. Per Platone, infatti, le idee esistono a prescindere dalla realtà e sono accessibili a quattro livelli:

1. Livello dell’essere, perché gli oggetti immanenti partecipano delle idee per somiglianza o imitazione.

2. Livello della conoscenza, dal momento che noi possiamo riconoscere gli oggetti solo in base alle idee a cui li associamo.

3. Livello di valore, in quanto un oggetto è tanto più perfetto quanto più si avvicina all’idea, e tanto meno perfetto quante più peculiarità ha.

4. Principio unificatore della molteplicità: esistono molte idee di come possa essere una determinata cosa, ma una sola idea reale di quella cosa.

Ovviamente nella narrativa non restiamo intrappolati in una materia astratta, ma da Platone (e anche prima della sua spiegazione) a oggi abbiamo figure chiave che riconosciamo uniche; possono cambiare nella forma, come abbiamo visto nei quattro livelli di Platone, ma si rifaranno sempre all’idea madre che cerchiamo sempre di sfiorare: all’archetipo.

Per gestire bene queste figure abbiamo le più classiche forme narrative, fra queste madre la struttura in tre atti che trova origine dalla poetica di Aristotele, come abbiamo detto più volte, e dai cui non esime certo il Viaggio dell’eroe di Vogler, a sua volta nato dal libro L’eroe dai mille volti, di Joseph Campbell.

Il viaggio dell’eroe, secondo Campbell, si riassume così:

Un eroe si avventura dal mondo di tutti i giorni in una regione di meraviglia sovrannaturale: lì incontra forze favolose e ottiene una vittoria decisiva. L’eroe ritorna da questa misteriosa avventura con il potere di conferire doni favolosi agli altri uomini.

Se ci riflettete è chiaramente la struttura in tre atti mostrata nella Poetica di Aristotele: Inizio, svolgimento, fine.

Ma perché parliamo proprio di eroe?

E qui entriamo nel vivo degli archetipi.

Spesso chi si avvicina al libro di Vogler con ingenuità come prima cosa dice: «Ma io non scrivo fantasy!».

Mica bisogna scrivere fantasy per parlare di un eroe? E cos’è veramente un eroe?

Ricordate i quattro due livelli della Dottrina delle idee di Platone?

Noi associamo una forma al concetto base dell’idea dell’eroe, ma quella forma è solo la riproduzione dell’idea originaria dell’eroe, ed essa spesso è soggetta a ciò che noi crediamo sia la forma dell’eroe, a come la interpretiamo.

Estrapoliamo alcune definizioni dal dizionario Treccani:

1. Nella mitologia di vari popoli primitivi, essere semidivino al quale si attribuiscono gesta prodigiose e meriti eccezionali; presso gli antichi, gli eroi erano in genere o dei decaduti alla condizione umana per il prevalere di altre divinità, o uomini ascesi a divinità in virtù di particolarissimi meriti.

2. estens. a. Nel linguaggio comune, chi, in imprese guerresche o di altro genere, dà prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli e compiendo azioni straordinarie.

E ancora:

Protagonista, personaggio principale di un poema, di un dramma e simile.

Questa potrebbe interessarci di più, ma non è così, ci interessano tutte e tre le definizioni.
Guardiamo il punto uno e il punto due, essi racchiudono pienamente i primi due livelli della Dottrina delle idee di Platone: l’eroe viene definito a seconda di un’idea che si ha dell’eroe, e secondo la conoscenza fatta – dunque nel mondo, nel proprio tempo e nella società in cui si vive – di ciò che è un eroe: eppure è imitazione dell’idea dell’eroe.

Ma c’è un punto cardine, una linea rossa che unisce il punto A e il punto B e li riporta al punto C: l’eroe non è una persona comune, è qualcuno di speciale, dunque è il protagonista.

Tutti questi valori racchiudono l’idea madre di eroe che alberga in tutti, elaborata poi nel contesto reale a seconda del proprio pensiero, della propria sensibilità e del proprio vissuto: dunque l’idea dell’eroe mantiene i tratti originari, ma diviene la nostra idea di eroe, eppure, trattandosi di un’imitazione dell’idea originaria, sappiamo a livello inconscio che questo eroe è il protagonista e deve compiere qualcosa di grande e che lo porti a una metà, fosse anche la propria autodistruzione o l’annientamento della razza umana: il viaggio dell’eroe. E quel viaggio c’è per forza, nel bene o nel male, perché come abbiamo detto ciò che indentifichiamo come eroe, qualsiasi sia la nostra idea di eroe, trae origine da un archetipo che ci mostra nel mondo invisibile questo eroe come qualcuno di speciale e che deve compiere qualcosa, e grazie a questa idea originaria lo tramutiamo in qualcosa di palpabile nel mondo visibile. Abbiamo questa concezione dell’eroe, sappiamo a livello intimo che è questo, qualsiasi sia poi la sfumatura che prenda in base alla nostra idea di eroe.

Lo so, Platone era uno che aveva una capoccia immensa! Spero di avervi fatto comunque arrivare il concetto.

Tornando al viaggio, in qualsiasi storia umana nessuno è mai solo nel proprio percorso, almeno fino alla morte: la fine della storia. Persino la vita dolorosa e statica di un barbone contiene incontri, situazioni, svolte.

Dunque questo eroe non è mai solo nel suo cammino. E così come per l’eroe la nostra mente ha fatto esperienza di figure necessarie, altri archetipi che l’eroe incontra, figure a cui attribuiamo il ruolo di un’idea originaria intima.

Possono essere personaggi positivi e negativi, fisici o metaforici, persone o cose. Addirittura un personaggio può rappresentare in sé più di una funzione. In ogni caso, ognuno di questi personaggi è l’immagine dell’idea di un’idea più grande e intima: l’archetipo.

Di norma, secondo Jung, e noi crediamo che Jung dica il giusto, le figure archetipe presenti nell’essere umano sono dodici:

Il saggio

Il saggio rappresenta il libero pensatore che fa dell’intelletto e della conoscenza le sue principali ragioni di vita. L’intelligenza e la capacità di analisi sono la principale via per comprendere se stesso e il mondo. Questa personalità corrisponde a quella di chi fa sempre riferimento a dati, citazioni o argomenti logici.

L’innocente

È ottimista e alla ricerca della felicità. Vede il lato positivo di ogni cosa. Vuole sentirsi in sintonia con il mondo, dunque desidera compiacere, appartenere ed essere riconosciuto dagli altri.

L’esploratore

Questo archetipo corrisponde a colui che intraprende un cammino senza una direzione definita, sempre aperto alla novità e all’avventura. Ha un profondo desiderio di scoprire nuove cose e se stesso. Ha anche un lato negativo: ricerca un ideale che non viene mai soddisfatto.

Il governante

È il classico leader, la guida che detta le regole del gioco in qualsiasi situazione. Sicuro, esigente, vuole che gli altri facciano quello che dice e ha tutti i motivi per pretenderlo.

Legato al potere, rischia continuamente di diventare despota a causa della smania di imporsi.

Il creatore

Il creatore prova una forte ansia di libertà perché ama tutto ciò che è nuovo. Ama trasformare le cose. È divertente, anticonformista. Si distingue per la sua grande immaginazione e genialità. A volte è incostante e pensa più di quel che fa.

Il custode

Si sente più forte degli altri e per questo esercita una protezione quasi materna sui chi lo circonda. Protegge da qualsiasi danno chiunque sia sotto la sua ala, tenendo lontani eventuali rischi o pericoli che possono minacciare l’integrità o la felicità altrui.

Se non sa controllarsi o non viene riconosciuto, diventa il martire che rinfaccia agli altri i propri sacrifici.

Il mago

Il mago è l’equivalente del grande rivoluzionario. Rigenera e rinnova, non solo per se stesso, ma anche per gli altri. Lui stesso vive un costante processo di trasformazione e crescita.

Nel suo lato negativo è un malato che fa ammalare gli altri. A volte arriva perfino a trasformare gli eventi positivi in fatti negativi.

L’eroe

Il fulcro della vita dell’eroe è il potere. Ha una vitalità e una resistenza fuori dal comune che utilizza per lottare in nome del potere stesso o dell’onore. Preferisce qualsiasi cosa alla perdita o alla sconfitta. L’eroe, di fatto, non perde perché non si arrende. Potrebbe rivelarsi troppo ambizioso con manie di controllo.

Il fuorilegge

Il fuorilegge è uno degli archetipi della personalità che incarna la ribellione. È un trasgressore, un provocatore che non si lascia assolutamente influenzare dall’opinione altrui.

Il risvolto negativo di questa personalità è che può diventare autodistruttiva.

L’amante

L’amante è un cuore puro, è la sensibilità fatta persona. Ama l’amore, non solo quello romantico, ma qualsiasi forma, ed è orgoglioso di dispensarlo. Ama la bellezza e i sentimenti.

La sua più grande felicità è sentirsi amato.

Il buffone

Il buffone insegna a ridere, anche di se stessi. Non ha maschere e in genere riesce a far cadere quelle che indossano gli altri. Non si prende sul serio perché il suo intento è godersi la vita. Per quanto riguarda gli aspetti negativi di questa personalità, potrebbe rivelarsi libidinosa, pigra e golosa.

L’orfano

L’orfano è colui che si trascina ferite che non riesce a guarire. Si sente tradito e deluso. Vuole che gli altri si facciano carico di lui e, poiché questo non avviene, prova delusione. In genere attira persone simili. Fa la vittima. Davanti agli altri si mostra innocente, ma ha un atteggiamento cinico.

Ecco, in sintesi (molto in sintesi) questi sono i dodici archetipi di personalità che secondo Jung riguardano l’essere umano, dunque hanno per forza a che fare anche con la narrazione di una storia, perché qualsiasi sia il nostro genere, noi partiamo sempre dalla natura umana.

Al di là dell’eroe che mantiene sempre il proprio nome, in quanto si potrebbe definire l’archetipo che al livello conscio o inconscio ognuno attribuisce a se stesso – Hitler era una cattivo, ma si credeva un eroe –, possiamo scorgere la figura dell’antagonista in diversi archetipi menzionati da Jung, e così quello dell’amata, ovvero l’oggetto del desiderio dell’eroe, ma ogni archetipo di personalità può, a conti fatti, intrecciarsi in più personaggi, così come accade nella vita.

Vogler nel libro Il viaggio dell’eroe mostra ai narratori, rifacendosi di sicuro oltre che a Campbell anche a Jung, sette archetipi che l’eroe incontra sempre durante il suo viaggio.

Ma ogni archetipo non sempre corrisponde a un singolo personaggio: un personaggio può avere la funzione di più archetipi, come abbiamo detto, un archetipo può essere addirittura contenuto in un ideale, in un animale. Abbiamo parlato già dell’antagonista, no? Ebbene, prendiamo come esempio un meraviglioso racconto di Franz Kafka, La Tana, dove troviamo tutti e sette archetipi racchiusi in tre sole cose: il protagonista e unico personaggio, la tana che continuava a scavare e a fortificare, le minacce che stanno fuori.

Non analizzeremo tutte le figure, sia perché dovremmo leggere tutto il racconto (per favore, fatelo) sia perché lì è davvero difficile individuare tutti e sette gli archetipi; limitiamoci all’antagonista: chi è? È il mondo esterno da cui questa creatura si nasconde.

Vedete? L’antagonista c’è, ma non è per forza un essere vivente.

Ma vediamo anzitutto i sette archetipi:

L’eroe: È colui che compie il viaggio, fisico o mentale. Ha in genere un punto debole che viene toccato scatenando così un conflitto interiore, da questi sarà chiamato al cammino e potrà accettarlo subito o no. Nel suo cammino l’eroe dovrà scontrarsi spesso con la morte, intesa come problemi, le sfide inferte dal suo antagonista che cerca di impedirgli di raggiungere la propria meta. Ha sempre qualità con cui possiamo identificarci ed è spinto da motori universali e originali: amore, ambizione, egoismo, generosità ecc. Inoltre un eroe tende sempre al sacrificio (positivo o negativo) e non per forza deve essere una persona coerente.

Il mentore: È colui che indirizza l’eroe a intraprendere il viaggio, concretamente o con un esempio di vita, magari un’ideale a lui mostrato o insegnato; potrebbe condurre l’eroe al viaggio anche con la propria morte, un sacrificio che porti l’eroe a seguirne le orme. In ogni caso il mentore è colui che spinge l’eroe verso un cambiamento ed è la guida che aiuta e l’istruisce l’eroe. Spesso gli procura doni, lo esorta a proseguire nell’avventura. Spesso il mentore è un ex-eroe, una persona saggia o un maestro, come una coscienza o codice di comportamento morale che indica la via all’eroe.

Guardiano della soglia: Mette alla prova l’eroe e gli crea difficoltà: ne sonda la volontà e la rinforza. In apparenza è un nemico, ma può anche trasformarsi in alleato o esserlo da subito. Ovviamente il guardiano può essere anche non una persona fisica, ma un aspetto dell’eroe con cui questi deve avere continuamente a che fare, persino un vizio da combattere, qualcosa atto a testare le sue capacità, a provarle e a fortificarle.

Messaggero: Comunica l’inizio dell’avventura, il cambiamento che arriva e dunque l’incidente scatenante, la rottura della norma che porta l’eroe a iniziare il secondo atto della storia, lì dove deve uscire dalla propria normalità per intraprendere il viaggio.

Può anche essere un oggetto, un avvenimento che scuote l’eroe titubante ad accogliere la chiamate del mentore.

Risveglia la motivazione.

Mutaforme: Come dice il nome stesso è qualcuno o qualcosa che cambia forma, si traveste, e questo ovviamente non è inteso per forza in senso letterale. È l’archetipo instabile, l’amico che diventa nemico, il nemico che diventa amico, la situazione che muta e cambia.

Questa figura ha lo scopo di seminare dubbi e suspense.

Ombra: In genere è l’antagonista. Anche gli opponenti hanno però bisogno di risultare umani, e non sono mai solo stereotipi di cattiveria, almeno si spera. È sempre lo scontro fra eroe e ombra che muove la storia.

Imbroglione: È la spalla,è il momento goliardico. Crea contrattempi, stimola cambiamenti, anche in senso negativo. Potremmo attribuirgli dei tratti fanciulleschi, un comico candore. Incarnato in un personaggio in genere ha una personalità confusionaria e al tempo stesso contraria all’ipocrisia e all’egocentrismo.

Ovviamente questa sua funzione, legata all’eroe, non va confusa con la figura dell’imbroglionenel senso letterale del termine, incarnata dagli eroi di alcune storie.

Bene, questi sono i sette archetipi menzionati da Vogler. Quasi sempre se uno di questi manca in una storia allora c’è un problema, qualcosa che non funziona.

Facciamo un semplice giro per portarvi un esempio, e usiamo un libro a caso, uno che di certo avete letto: I miserabili, di Victor Hugo. Anche se ci sarebbe molto ma molto da analizzare, trattandosi di un libro con un intreccio meraviglioso in cui si connettono più storie e dove ogni personaggio ha più funzioni (Es: Marius è l’eroe nella sua personale vicenda con Cosette), ma analizziamo il testo proprio all’acqua di rose e facciamolo partendo dalla vicenda principale e dal vero protagonista.

Allora, l’Eroe della storia primaria è senza dubbio Jean Valjean, protagonista del libro che incarna tutti gli aspetti dell’archetipo dell’eroe. Il Mentore non può che essere il vescovo Myriel, colui che spinge l’eroe a cambiare vita, dunque a entrare nella propria missione e percorrere il viaggio in cui lo seguirà sempre come voce interiore che lo esorta ad andare avanti, anche se potremmo dire che inizialmente si presenta come Guardiano della soglia: saggia la natura di Jean Valjean, la mette alla prova; compito che poi vedremo assegnato a Fantine: il suo dramma porterà Jean Valjean a doversi superare ancora una volta. Il Messaggero lo troviamo subito nell’agente che arresta Jean Valjean e lo riporta dal vescovo Myriel, dove questi lo incarica della sua missione; ma è anche Fantine stessa, colui che chiede a Jean Valjean di farsi carico della piccola Cosette. La sua Ombra, dunque l’antagonista, è ovviamente il ligio ispettore Javert, ma poi questi lascia spazio a un’altra Ombra, un altro antagonista, ovvero il perfido Monsieur Thénardie. Il Mutaforme lo vediamo chiaramente in Marius Pontmercy che è a sua volta l’eroe della propria storia ma, invece, per Jean Valjean risulta prima un intralcio (lo spia, vuole portargli via Cosette), una sorta di nemico; poi un alleato (Cosette lo ama, dunque deve proteggerlo); infine parte della propria missione (legare Cosette a Marius). L’Imbroglione prende vita in Gavroche e in Éponine, figli dei Thénardie.

Ovviamente, come anticipato, abbiamo analizzato molto alla leggere il capolavoro di Hugo, ci sarebbe molto ma molto da dire, però avete capito l’esercizio, no?

Bene, vi lascio con l’invito a fare altrettanto con i libri che amate e con le vostre storie.

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