Come denunciato più volte, il nostro è un tempo in cui i lettori di narrativa, quelli veri, famelici, sono una minoranza. Si legge poco e spesso male, complice non solo il ritmo frenetico della vita, ma soprattutto l’evolversi della tecnologia.
Una volta scrissi a un’amica: «Un tempo in bagno leggevamo un libro, oggi fissiamo il cellulare.» Una frase ironica ma che fa pensare: quanti di noi nei momenti liberi aprono un libro anziché fissare il display dello smartphone?
Quando lavoravo in un call center avevo quindici minuti di pausa ogni due ore, tempo che usavo per leggere, mentre attorno a me vedevo persone vagare nel cortile fissando il cellulare. Due ore in gabbia, al telefono, e durante quindici minuti di pausa cosa facevano? Fissavamo inebetiti il cellulare.
Non è il tempo che manca, no, ma la voglia: voglia spesso lesa dalla facilità di distrazioni che ci viene fornita, quasi come a un criceto in gabbia viene data una ruota in cui girare.
In media in un’ora si potrebbero leggere trenta o cinque pagine di un libro, invece sprechiamo ore a fissare lo schermo di un cellulare, a guardare pessime serie TV o a chattare con gente di cui ci interessa ben poco.
È una diseducazione al piacere della lettura, ecco cosa. Una continua, costante lobotomizzatone che assopisce la fantasia e non solo, perché, cosa più grave, atrofizza la curiosità.
Di questo passo nasceranno nuove generazioni colme di giovani del tutto disincantati, privi di sogni e di nobili ambizioni: solo materia organica controllabile, come già stiamo vedendo.

L’ultimo libro di Antonella Cilento ci mostra proprio la società in cui rischiamo di ritrovarci. Mai titolo fu più azzeccato: Non leggerai; un nome che sembra ironico proferito da una donna che ha dato e dà tutta se stessa per la letteratura, ma che in realtà è una lampante accusa verso una società che sta andando alla deriva.
Pubblicato da Giunti nella collana Arya Giunti, dedicata alla letteratura Young Adult: uno dei tanti termini d’oltreoceano che stanno invadendo, purtroppo, la nostra lingua e che altro non significa che Giovane adulto: letteratura per giovani. Ma Non leggerai, a mio dire, è un libro maturo adatto a qualsiasi fascia d’età, anzi, credo che sia un libro necessario in questo tempo, perché è un libro che parla di libri, un libro che educa alla lettura.
Come abbiamo appreso da Calvino, un vero scrittore usa un argomento semplice, quotidiano, per dire qualcosa di grandissimo. In questo Calvino era una maestro, lo dimostrano romanzi come Marcovaldo, Il barone rampante o i tantissimi suoi racconti, in particolare quelli nella raccolta Ultimo viene il corvo. Beh, Antonella con questo libro non è da meno: dietro una storia ordinaria, quotidiana e attuale, ci mostra una verità grandissima e con essa smuove le nostre coscienze.
Nella Napoli in un mondo distopico dove la lettura è stata bandita, la sedicenne e ribelle Help Sommella stringe amicizia con Farenàit Lopez, timida coetanea appena giunta nella sua classe.
Da subito chiarissimo per gli amanti della letteratura il riferimento e l’omaggio a Fahrenheit 451, il capolavoro di Ray Bradbury, testo quasi profetico contando la realtà in cui viviamo.
Non a caso Help e Farenàit sono due ragazzine cosiddette atipiche, emarginate, come lo sono oggigiorno i lettori forti, quelli che passano ore e ore a leggere: perché scrivere, si sa, è figo, anche quando si scrive male, ma leggere è una perdita di tempo, no?
Tutti vogliono scrivere, pochi vogliono leggere, apprendere, studiare, e anche se la vicenda delle giovani Help e Farenàit è ambientata in un futuro ipotetico, appare incredibilmente attuale.

Era vietato tenere in casa qualsiasi libro, pena multe pesantissime, capaci di rovinare una famiglia. Era vietato anche solo nominare libri e scrittori, ma questo divieto risultava quasi inutile poiché ormai anche gli stessi professori non riconoscevano più un titolo o un autore. Del resto, già i genitori di Help sapevano a stento tracciare lettere in stampatello: da anni gli insegnanti lamentavano l’incomprensibilità della grafia degli allievi e accampavano la scusa che correggere il corsivo era una piaga. Tutti scrivevano direttamente al computer, sui telefoni cellulari o su dispositivi elettronici: quasi sempre brevi messaggi, senza punteggiatura. I compiti scolastici erano ridotti a quiz di stampo televisivo. La Cultura Generale era fatta di poche e rastrellate informazioni, a volte in contraddizione fra loro, quasi sempre parziali e ridicole. Si era ammessi ai posti di lavoro per selezione mnemonica di codici, password e numeri. Erano falliti gli editori, le fabbriche di penne e le cartiere.
In questa mezza cartella è difficile distinguere la realtà dalla fantasia, almeno per chi non vuole cantarsela.
La verità è che oggi le famiglie hanno librerie quasi vuote. La verità è che oggi in pochi scrivono a mano, persino gli scrittori emergenti non lo fanno. Si scrive solo al computer, si prendono appunti sul cellulare, non si cammina mai con quaderno e penna nella borsa. Persino a scuola il normale registro è stato sostituito da quello elettronico. Gli intellettuali di oggi sono persone che dispongono di quella che un tempo era Cultura Generale, e l’attuale Cultura Generale è un insieme di informazioni ricicciate alla meglio, che richiamano appunto il grado di conoscenza dei partecipanti ai telequiz di Mike Bongiorno; stessa cosa per le informazioni giornalistiche, ridotte a un insieme di nozioni recuperate qua e là, rielaborate e riscritte a seconda di un proprio tornaconto.
Questa mezza cartella è uno specchio e un’accusa di ciò che la nostra società è, e Antonella, proprio come Calvino, ci pone davanti questa tragica ed enorme verità senza usare drammi plateali né arie fumose: la narra e basta, ed è per questo che risulta concreta, nostra, vicina.
Ma se questa è la realtà, come cambiarla?
È il viaggio di Help e Farenàit a dircelo, queste due ragazzine emarginate, così diversa fra loro, accomunate dal ritrovamento di una cassa piena di libri.
La lettura avvicina le due amiche, dona loro occhi nuovi sul mondo, un nuovo modo di vedere le cose, persino un nuovo linguaggio.
Erano indietro con i videocompiti proprio a causa dei libri. La Cernecchia non faceva che riprenderle.
«Dal giorno in cui vi siete conosciute, Sommella, che già aveva i suoi problemi, è peggiorata e tu, Lopez, avevi una buona media nella scuola in cui stavi prima…»
Siccome stavano sempre insieme, quel deficiente di Pollicione, che si sparava selfie di continuo e che passava il tempo a insultare i compagni dando loro del “ricchione” a ogni piè sospinto, aveva iniziato a sfotterle: «Vi nascondete per darvi i baci? Lesbicone!».
Help era stata sul punto di picchiarlo: si era limitata a fargli prendere la scossa col cellulare mentre girava un filmino insultandole. I suoi attrezzi nel tascapane tornavano sempre utili.
Poi aveva sussurrato a Farenàit: «Guardalo a terra, che si contorce a pancia all’aria. Come Gregor Samsa».
Ed era iniziata così, del tutto inattesa, la stagione delle citazioni.
Oraetlabora era untuoso come Uriah Heep in David Copperfield: «‘Nu lecchino…».
La Cernecchia sembrava uscita da Delitto e castigo: «Pare la vecchia usuraia…».
Qui Farenàit dissentiva: «Mo’ non esagerare…».
La Lacrimosa, cioè Penelope Lopez, la mamma di Farenàit era diventata ufficialmente ‘A signora Bovary.
«Che ha scritto oggi ‘A signora Bovary ncopp’ a WT?»
«Che nessuno la capisce, che l’amore tradisce sempre, che ci vorrebbero uomini così e colà… Che prepara la parmigiana di melenzane, che non sa se fare palestra o no… Che c’è un tale che le piace molto… Che la vita è ingiusta…»
«Praticamente, l’unica notizia era la parmigiana di melanzane. L’ha fatta, poi?».
«Macché.»
C’era una strana felicità che aveva preso entrambe, come una forma di esaltazione.
Se le compagne, Naomi ad esempio, passavano il tempo a raccontarsi come “appendere” i fidanzati, Help e Farenàit avevano un linguaggio tutto loro e quasi avrebbero potuto parlarlo in pubblico, poiché difficilmente qualcuno ne avrebbe inteso il significato.
Ma c’era più felicità a tenere il segreto tutto per loro.

L’amore per la lettura unisce Help e Farenàit, ma al tempo stesso le rende diverse. La loro fantasia viene vista come un ostacolo alla vita concreta. Sono schernite dagli altri ragazzi.
È bello vedere come torna l’argomento del tempo: quel deficiente di Pollicione, che si sparava selfie di continuo e che passava il tempo a insultare i compagni dando loro del “ricchione”.
Pollicione, specchio di molti suoi coetanei dei giorni nostri, ha tempo, ma lo passa al cellulare oppure prendendo in giro gli altri, come abbiamo precedentemente detto, mentre Help e Farenàit usano il loro tempo a leggere.
Il tempo c’è, siamo noi a usarlo male. E cosa succede alle due amiche grazie alla lettura? Acquistano un nuovo linguaggio, un linguaggio tutto loro, e il mondo a un tratto sembra trasformarsi. Ovunque prendono vita le storie che hanno letto, la fantasia tramuta eventi e persone in personaggi letterari.
Solo chi è posseduto dall’amore per la lettura può comprendere questa bellezza.
Un altro aspetto interessante in questo ricco estratto è la figura della madre di Farenàit, chiamata La Lacrimosa. Infatti, Penelope Lopez passa il tempo a scrivere su WT, chiaro sfottò al social network Facebook in cui oggi tutti vogliono apparire vincenti o fare le vittime di turno. Nessuno legge, ma tutti scrivono sui social network migliaia di luoghi comuni, i problemi personali, sono pronti a innalzarsi a sapienti tuttologhi o giudici sapienti detentori di una verità assoluta.
Leggere è vietato nella realtà di Help e Farenàit, ma non lo è leggere simili castronerie su di un social network; così come oggi in pochi leggono libri, ma tutti leggono le stupidaggini scritte da altri sui social, e sono sempre pronti a scriverne altrettante.
Il bisogno di autoproclamarsi è diventato più importante della necessità di ascoltare storie, tanto che chi parla di storie non viene capito: Help e Farenàit avevano un linguaggio tutto loro e quasi avrebbero potuto parlarlo in pubblico, poiché difficilmente qualcuno ne avrebbe inteso il significato.
Ma l’amore per i libri non avvicina solo le due ragazze, l’amore per la lettura è qualcosa che va ben oltre, avvicina le differenze sociali, può letteralmente cambiare la vita, migliorarla, salvarla, darle un senso.
È ciò che succede a Mariano, figlio di un boss della camorra.
La vecchia copia consunta del Maestro e Margherita aveva in copertina un gatto nero e arruffato posato su un tetto rosso. Mariano la stringeva come il più prezioso dei ritrovamenti, come l’ultimo ricordo di una casa crollata: di ritorno dalla grotta, mentre guardava Napoli trascolorare nel viola dell’ascensore di vetro che lo riportava a casa, gli sembrava di riuscire a tenere le dita esattamente dove erano state quelle di Help.
«In questo romanzo tutti mentono, sono attaccati al denaro, sono ipocriti…»
La voce di Help gli risuonava nelle orecchie come un carillon.
«E tutti fanno la spia, come quei nerd deficienti dell’EMA…»
«Chi fa la spia nel mio mondo muore» aveva detto Mariano, ma l’aveva detto senza dramma, perché era interessato solo a quel che diceva Help.
«Il diavolo e i suoi aiutanti fanno in modo che l’ipocrisia di tutti si veda. Solo il Maestro vede invece la verità, e chi vede la verità viene ricoverato in manicomio… È un libro molto divertente, anche se è triste…»
Mariano non riusciva a essere triste: faceva domande su domande, solo per tenere Help ancora un po’ con lui, lì, nella grotta, dove non erano diversi, dove nessuno li vedeva o cercava, dove non era costretto a essere il figlio di ‘O Russ e il promesso sposo di Samantha.

Come vediamo i libri possono davvero salvare il mondo: cambiare il destino di un criminale, aprire il cuore e la mente.
Cosa succederà a Mariano? Cosa sceglierà?
Lo scoprirete leggendo, ovviamente. Ciò che conta è cosa la lettura sta operando in lui, come già accaduto alle giovani Help e Farenàit.
Ecco perché ho definito questo libro necessario, perché il suo messaggio sociale e culturale oggi è fondamentale, deve giungere a persone di ogni età, aiutarle a ragionare, a riscoprire la bellezza della lettura.
L’ultimo aspetto che voglio trattare riguarda la chiara, spietata e giustissima analisi riguardante alcuni aspetti del nostro attuale panorama sociale ed editoriale.
Il Maestro creato da Bulgakov vede la verità, per questo è reputato pazzo: oggi non è poi così diversa la situazione.
Viviamo in un’epoca in cui una che si vanta di non aver mai letto un libro arriva a pubblicarne uno con il più grande editore italiano. Il nostro è un tempo in cui un comico arriva alle Nazioni Unitre, un venditore di bibite assume una carica politica, in TV chiunque diventa un critico d’arte: un individualismo delirante in cui il valore di ciò che è oggettivo è stato scalzato dal pensiero soggettivo di chiunque: tutti possono tutto, tutti sono capaci di tutto, e chi dice il contrario è giudicato pazzo.
Questa piaga non ha risparmiato neppure la letteratura, e la colpa non è certo dell’editoria (non di tutta l’editoria, almeno), quanto di una società che impone dei modelli vendibili errati, dei simulacri di ottone a cui inchinarsi.
Oggi, come abbiamo detto, tutti vogliono scrivere e pochi leggono. Oggi, come abbiamo detto, si scrive più per il piacere di apparire, come lo si fa sui social network, che per il bisogno divampante di raccontare una storia.
Le parole di un personaggio in questo libro, che chiamerò La donna, per non anticiparvi troppo, ci mostrano una realtà purtroppo attualissima.
«Tesoro mio, prima che i libri scomparissero gli scrittori non contavano più niente già da un pezzo, salvo occupare le classifiche di vendita con robette di nessun valore. No, non ero famosa secondo i criteri in cui sei cresciuta, non passavo al videogiornale, non facevo l’opinionista ai talk show, non mi spolliciavano in Rete (si dice così?), anzi… Ma chi vuole la biblioteca sa che è la biblioteca accurata e amorevolmente raccolta di una persona che ha vissuto tutta la vita solo per la letteratura, per l’arte, per la bellezza. Quindi ci prende più gusto a vederla bruciare».
E ancora…
«Mah… Cose banali ma sottovalutate… Ad esempio, un attimo prima che sparissero i libri, tutti, ma dico tutti, avevano cominciato a scrivere le loro vite. Era una moda. Come avevano perso il padre, smarrito la madre, superato il cancro, cresciuto o non cresciuto i propri figli… Era difficile, ormai, distinguere uno chef da un attore, un giornalista da un insegnante, un contafrottole da uno scrittore. Credevano tutti di avere il fuoco sacro. Ma la verità era che pubblicare un libro era diventato come avere una bella macchina, come andare in un albergo costoso, acquistare una borsa firmata: sicché tutti lo desideravano, senza aver mai letto una riga, senza sapere in alcun modo cosa significasse leggere e scrivere davvero. Lo volevano i ricchi e lo volevano anche i poveri…
Direi che non c’è bisogno di aggiungere altro, le parole di questa donna dicono tutto, e coloro che amano la letteratura non possono che sentirle fin nelle viscere, sposarle, farle proprie.
Questo libro è un libro necessario nel nostro tempo, perché ci mostra la verità delle cose, e Antonella lo fa utilizzando la propria arte: quella di narrare storie.
Niente moralismo, niente insegnamenti spiccioli, sono i personaggi di Antonella a mostrarci la verità dei fatti, seppur scomoda, ma al tempo stesso ci dànno speranza, ci mostrano una traccia per cambiare rotta, per salvarci, e a ogni pagina speriamo di salvarci insieme a Help, a Farenàit e a Mariano che ci mostrano l’importanza di leggere, perché leggere cambia la vita, e ogni vita salvata contribuisce a salvare il mondo.
Ecco perché ringrazierò sempre Antonella per averlo scritto.