Progetto teatrale: Juste une poupée

ATTO 1

SCENA 1

La scena è buia. Si sente solo la voce di una donna cantare con tono dolce ma al tempo stesso angosciante Twinkle Twinkle Little Star (versione inglese).

Le luci si accendono adagio, restano soffuse.

Siamo in un lercio monolocale: in fondo all’angolo sul lato destro c’è un vecchio cucinino sporco di grasso, un misero frigo e un piccolo tavolo di legno con sopra resti di cibo e bottiglie vuote; a terra sono sparse altre bottiglie, alcuni giocattoli rotti, pacchetti di sigarette appallottolati e mozziconi; sul lato sinistro c’è un letto su cui sono gettate alla rinfusa delle lenzuola sporche, poco distante c’è una scrivania su cui giacciono pile di libri, decine di fogli, altre bottiglie vuote e un posacenere colmo di cicche di sigarette.

Sul bordo sinistro della scena, seduto su di una sedia, c’è il manichino di una donna: ha il volto coperto da un velo zuppo di acqua putrida, fra le braccia stringe una bambola dagli occhi cavati e a cui penzola un braccio.

Sul lato destro del palco, invece, fra cumuli di rifiuti c’è una culla antica.

Le luci si concentrano sul manichino e sulla culla.

Mentre la musica continua, lentamente dalla dondola esce il braccio di un uomo anziano, sporco di calce e di fuliggine: la sua mano tasta il vuoto come se fosse la prima volta che avverte l’aria attorno a sé, poi afferra il bordo del lettino e lo stringe con forza. Dalla dondola emerge ancora un braccio, la mano stringe a sua volta il bordo della culla.

Lentamente, mentre le braccia fanno forza sulla spalliera della culla, affiora prima la testa dell’uomo e poi il suo torso: l’uomo è avvolto da un lurido lenzuolo bianco che gli nasconde il viso.

L’UOMO, quasi muovendosi a fatica, scivola giù dalla culla e casca sul pavimento. Ancora avvolto nel drappo, striscia sul palco, fino a portarsi al centro di esso. Dal lenzuolo sbuca lento un braccio che fende il vuoto e si spinge in avanti, verso la platea, mentre la mano si muove verso come se cercasse di afferrare qualcosa o qualcuno.

Poi di colpo il braccio casca a terra, come privo di vita. L’uomo si rigira lento nel suo sudario, fino a rannicchiarsi e avvolgersi in esso. La musica sfuma pian piano e con essa le luci si abbassano sulla scena, restando concentrate solo sull’uomo, immobile.

La musica cessa del tutto. L’uomo è ancora a terra, non si è mosso di un millimetro, quando ecco che, con movimenti lenti, quasi piccoli scatti, si rigira nuovamente. Le braccia sbucano fuori dal lenzuolo e lui si tira su, arcua la schiena e resta in ginocchio lasciando che il drappo gli scivoli appena un poco di dosso, il giusto per mostrare il proprio volto coperto di calce e di fuliggine rivolto alla platea e con esso parte del corpo nudo.

Guarda per qualche istante in avanti, confuso e al tempo stesso spaventato. Poi prende a scrutare l’ambiente attorno a sé: le sue mani scivolano sul pavimento, sembra intimorito a ogni contatto.

Frastornato, avvolgendosi nel lenzuolo e continuando a guardarsi attorno impaurito, lentamente si tira su e passeggia nella stanza: sembra non ne abbia mai vista una; finché il suo piede urta contro una bambola. Lui la raccoglie, è mezza rotta, ha il volto sporco di fango calcificato e di grumi di sangue. L’uomo la guarda e sorride. Accorto, come se stesse al cospetto di una creatura nuova seppur affascinante, le accarezza il viso, poi con devota accortezza glielo pulisce con parte del lenzuolo che indossa.

A un tratto un tonfo alle sue spalle – sul fondo destro del palco – lo fa voltare: stringe al petto la bambola come se temesse che qualcuno possa portargliela via.

Guardingo fa qualche passo verso la direzione del rumore, con lo sguardo pare scrutare l’oscurità, quando ecco che alle sue spalle – sul lato sinistro del palco – un altro rumore lo raggiunge: è la stridula e meccanica risata di una bambola.

L’uomo si volta di scatto, ha gli occhi impauriti fissi sulla bambola che il manichino stringe fra le braccia e che ancora continua a ridere.

Bambola:

Vieni a giocare con me? Vieni a giocare con me? Vieni a giocare con me?

La bambola continua a ridere. L’uomo, la propria pupa ancora stretta al petto, si avvicina lentamente verso il manichino, i suoi occhi sono ancora fissi sulla bambola che ride.

Appena la raggiunge, il giocattolo smette di ridere. Lui, tenendo la propria bambola stretta sotto a un braccio, con una mano fa per accarezzare l’altra, ma urta con il gomito il capo del manichino e questi subito precipita a terra, dal collo mozzato inizia a sgorgare del sangue.

Le luci si abbassano e si alzano come se il cielo fosse squassato da tuoni e lampi; la bambola fra le braccia del manichino riprendere a ridere, alle sue risate si alternano le parole: “Vieni a giocare con me?”, mentre l’uomo, impaurito, cerca di fermare il sangue, macchiandosi le braccia; poggia a terra la propria bambola e, agitato, raccoglie il capo del manichino e fatica a sistemarglielo sul collo.

Quando ci riesce, le luci si assestano e la risata della bambola sfuma.

L’uomo indietreggia di qualche passo, ansante, lo sguardo impaurito ancora rivolto al manichino.

Con cura raccoglie da terra la propria bambola e indietreggia ancora, riprendendo fiato e guardando spaventato il manichino, finché raggiunge il centro del palco e torna a sedersi e ad accarezzare la bambola, seppur ogni tanto, ancora preoccupato, spia il manichino.

Uomo: (accarezzando la bambola e chinando lo sguardo su di lei)

Va tutto bene… Tout va bien…

Un altro tonfo dal fondo destro del palco lo fa balzare. Spaventato, guarda verso la direzione da cui è provenuto il rumore, ma non vede nulla, non si ode altro suono.

Accarezza ancora la bambola e, lentamente, accorto sempre all’angolo sul fondo destro del palco, fa per stendersi a terra, rannicchiato e avvolto dal lenzuolo.

Tiene stretta al petto la bambola e continua ad accarezzarle il capo.

Uomo:

Tu lo sai Giselle che ti voglio tanto bene? Tu sei bella, la belle Giselle! E noi due staremo sempre insieme, sì?

Le sorride e le bacia la fronte.

Uomo:

Non ti preoccupare, mia bella Giselle, io sono qui, Je suis ici…

La stringe più forte al petto, ha il volto contro al suo.

Soffusa, riparte la musica di Twinkle Twinkle Little Star.

Uomo: (accarezzando la bambola)

Brille, brille, petite étoile

Comme j’aimerais savoir qui tu es!

Si haut au-dessus du monde

Comme un diamant dans le ciel

Le luci calano sulla scena e poi, adagio, si abbassano anche sulle figura dell’uomo.

La musica sfuma lentamente fino a svanire, quando si ferma del tutto le luci lentamente si rialzano.

SCENA2

Le luci tornano ad alzarsi. Ora l’uomo è seduto e accarezza la bambola, ha lo sguardo chino e cupo, sul volto appena un amaro sorriso.

Uomo:

La mamma dice che sono il bambino più bello del mondo, che sembro una bambola! Così dice.

La sua mano si ferma sul capo della pupattola. La guarda con triste affetto, serra gli occhi e un doloroso sorriso gli taglia il viso.

Uomo:

Come te, Gisele…

Riprende ad accarezzare la bambola, a occhi chiusi. Poi, continuando a tenere a se la pupa e senza smettere di accarezzarla si alza lentamente e inizia a camminare sul palco.

Uomo: (camminando, il passo lento e lo sguardo basso)

E dice che posso fare tutto quello che voglio, che da grande farò grandi cose. L’attore, lo scrittore, il dio!

Accelera il passo, la sua voce comincia a diventare eccitata e così le sue carezze sul capo della bambola.

Uomo: (senza fermarsi)

E girerò il mondo, scoprirò tesori, volerò fin su nel cielo!

Solleva Giselle in aria e inizia a volteggiare, gli occhi fissi sulla bambola e un sorriso alienato sul viso.

Subito inizia la musica di Vivaldi, La Follia.

L’uomo balla assieme alla pupa. Le sue braccia si muovono come fossero ali. A ogni passo sembra star per spiccare il volo.

Uomo: (ballando con maggior foga, al ritmo crescente della musica)

E sarò sempre felice, sì, felice! Volerò nel sole. Sarò il sole!

La danza cresce sempre di più, pregna di una folle euforia, quasi l’uomo stia vedendo per davvero le cose di cui parla.

Uomo:

E ci mi tufferò nell’oceano e nel fuoco, parmi les étoiles!

Fa per volare in alto, ma a un tratto la testa di Giselle le si stacca dal collo e precipita al suolo.

La musica si ferma di colpo e con essa l’uomo, fermo a osservare con occhi gonfi di paura il capo di Giselle sul pavimento, ai suoi piedi.

Ansante, casca inerme seduto a terra, gli occhi ancora rivolti alla testa della pupa.

Lentamente, quasi intimorito nel toccarla, fa per afferrarla. Cerca di incollarla al collo, ma senza riuscirci; ci prova più volte prima di riuscirci. Poi stringe la bambola al petto e affonda la faccia contro di essa.

Uomo:

Non mi lascerai solo, vero, Giselle?

Resta a fissare negli occhi la bambola come se attendesse una risposta. Poi, lento, tenendola ancora al petto, si alza e, dopo qualche istante, a passo lento e gli occhi ancora sulla pupa, si avvicina verso la platea.

Man mano che avanza, la tunica gli cade di dosso. Nudo, immobile, continua a stringere la pupa e ad accarezzarla.

Uomo:

Giselle…

Le luci si abbassano, fino a gonfiarsi in lampi improvvisi che illuminano l’oscurità, rischiarando solo l’immagine immobile dell’uomo. Poi in un ultimo lampo tutto diventa buio. Un attimo dopo irrompe il suono squillante di una sirena. Una luce violacea rischiara solo l’uomo, ancora fermo, lasciando nella penombra tutto il resto, mentre ancora si ode la sirena.

A un tratto, con passo lento e cadenzato, due figure coperte con una tunica nera, sul capo un cappuccio dello stesso colore e gli occhi occultati da macchie di pece, uno dalla destra e l’altro dalla sinistra si avvicinando all’uomo, trascinando ognuno una catane. Arrivati alle sue spalle gli afferrano le braccia: la bambola cade a terra. L’uomo, paralizzato, gli occhi vitrei e colmi di terrore rivolti in avanti, si lascia incatenare i polsi. Poi le due figure, mentre lui è ancora fermo, catene in mano indietreggiano verso gli angoli da cui sono sbucati, fino a svanire nell’oscurità.

Uno strattone dato a entrambe le catene tirano all’indietro le braccia dell’uomo che, impotente, cade in ginocchio: gli arti ancora tesi all’indietro e il capo basso.

Senza provare a liberarsi, stordito, spezzato dalla sofferenza, rivolge appena lo sguardo verso la bambola che giace sul pavimento.

Quando cerca di prenderla, le catene lo strattonano e lui casca con la schiena a terra e viene trascinato via fino al centro del palco.

Rannicchiato, indolenzito si tira su e resta in ginocchio, le mani sul capo e le braccia sul viso per nascondersi.

Uomo: (appena sussurrando)

Da grande farò tante cose…

Le luci si abbassano lentamente, lasciando l’uomo nella penombra.

Camminando a carponi come un animale stanco e debole, ancora in catene, si porta verso il lato destro del palco e si lascia cadere con la schiena contro la culla: le ginocchia al petto, le braccia che le avvolgono e il volto fra le gambe.

Resta immobile a fissare il pavimento. Le luci si abbassano ancora di più, fino a lasciare tutto buio per qualche secondo.

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