La nostra è l’epoca in cui si è sempre connessi con il mondo intero. Abbiamo la possibilità di comunicare con chiunque, ovunque egli si trovi. Non abbiamo più bisogno di telefonare, le comunicazioni passano quasi sempre via chat o tramite messaggi vocali.
Un tempo si sceglievano con cura la persona da sentire, ed erano sempre persone presenti nel nostro quotidiano. Oggi, invece, in un giorno chattiamo con decine di persone che non abbiamo mai visto in carne e ossa. Seppur chiusi in una stanza non siamo mai soli.
Eppure mi chiedo cosa se non un profondo senso di solitudine ci porta a interagire con chiunque e ad avere sempre bisogno di una finestra virtuale spalancata sul mondo?
L’incomunicabilità umana è uno dei temi portanti nella letteratura del novecento, basti pensare al profetico Gli indifferenti, capolavoro di Alberto Moravia pubblicato nel 1929 e che tutt’oggi, a un secolo di distanza, è ancora tremendamente attuale. Nella scrittura di Kafka l’incomunicabilità non mette radici solo in ambito famigliare, ma nel tessuto sociale: l’uomo come elemento invisibile in un mondo sempre più veloce, burocratico, meccanico, gelido.
Oggi, con il crescere delle tecnologie, si ha l’illusione di aver vinto la solitudine. Abbiamo sempre qualcuno con cui parlare, sempre una platea a cui mostrarci. Nonostante ciò basterebbe osservare una fra le tante cene di una qualsiasi famiglia per ritrovarsi davanti la stessa dinamica famigliare mostrata nel l’opera di Moravia: silenzio e indifferenza. La sola voce è quella del televisore accesso; i soli sguardi sono quelli rivolti a uno smartphone. Non parliamo più, proviamo quasi fastidio a stare insieme, spesso più il legame è intimo più in noi cresce l’imbarazzo, come se il concetto di comunicazione fosse ormai limitato a svolgersi nascosti dietro uno schermo. Tuttavia non riusciamo a fare a meno delle persone. Relazioni di ogni tipo vengono trascinate avanti persino quando l’incomunicabilità si tramuta in fastidio, poi in livore, infine in odio. Continua a leggere Sempre vicini, ma sempre soli. L’incomunicabilità mostrata da Simenon.