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Scrittori di voce e scrittori di trama: quando una voce autoriale trasforma le parole in musica

In diverse discussioni con aspiranti scrittori ho descritto loro la differenza che passa fra uno Scrittore di voce e uno Scrittore di trama e, puntualmente, ogni volta c’è qualcuno che mi dice: «Io voglio essere uno scrittore di voce», come se questo termine riportasse a qualcosa di nobile, di magico.

Chiariamo subito che ogni scrittore, da quello che pubblica con il minuscolo editore al vincitore del Premio Strega, dovrebbe avere una propria voce autoriale; uso volutamente il condizionale perché, purtroppo, non è sempre così, non oggigiorno. Avere una voce autoriale, in sintesi, significa essere capaci di raccontare in modo unico e inequivocabile una storia. Non si tratta di stile, assolutamente, ma di una personale intonazione nell’utilizzo del lessico e nel modo di gestire la trama che rende esclusiva la narrazione, proprio come lo è ogni voce umana.

Prendiamo come esempio Domenico Starnone, di cui abbiamo parlato in due precedenti articoli. Il libro con cui ha vinto il Premio Strega, ossia Via Gemito, affronta un tema trattato decine, forse centinaia di volte: il conflitto con il proprio padre. Eppure la lingua in quel libro è talmente intima da renderlo unico. Ciononostante, se leggessimo Labilità, un altro bel libro di Starnone, ci accorgeremmo subito che è frutto dello stesso autore; e questo vale anche per i lavori più ironici di Starnone.

Una voce autoriale, quando è forte, rende la scrittura dell’autore inconfondibile.  

Certo, non tutti gli scrittori possono avere una voce autoriale forte, e gli stessi autori che possiedono una voce autoriale forte non sempre riescono a usarla pienamente in ogni loro opera, ma si dà per scontato – o almeno si spera – che uno scrittore abbia una propria voce autoriale.

Ecco perché essere uno scrittore di voce non ha nulla a che vedere con l’avere una voce autoriale. Continua a leggere Scrittori di voce e scrittori di trama: quando una voce autoriale trasforma le parole in musica

Narrare l’inquietudine: hamsun prima ancora di kafka

Come nel caso del precedente articolo su Giuseppe Pontiggia, anche adesso provo una certa tristezza pensando che l’autore di cui sto per parlare, benché vincitore del Nobel per la letteratura nel 1920, sia meno conosciuto di tanti scrittori commerciali che, con tutto il rispetto, non hanno neppure una briciola del suo talento.

L’autore in questione è Knut Hasmsun, scrittore norvegese nato nel 1859 e morto nel 1952.

Sono infatti convinto che molti fra voi non conoscono questo colosso giunto alla ribalta con l’opera Markens Grøde (Il risveglio della terra), romanzo pubblicato nel 1917 a cui Hamsun deve la vittoria del Nobel per la letteratura nel 1920.

Prima di allora Hamsun ha scritto tanto e con costanza. Di famiglia povera, fra diversi e umili lavori si è avvicinato alla scrittura a diciassette anni. Ha viaggiato molto, trascorso diversi anni in America, per stabilirsi infine nel 1918, insieme alla sua seconda moglie Marie Andersen, in una vecchia tenuta tra Lillesand e Grimstad dove ha continuato a scrivere, fra un viaggio e un altro.

Dico questo solo per farvi notare come la vita di Hamsun non sia stata facile e che, essendo la sua passione per la scrittura iniziata nel 1876, a diciassette anni dalla sua nascita, ha dedicato quarantun anni alla scrittura prima di arrivare al Nobel nel 1920. Ma il successo lo deve al suo capolavoro Fame, romanzo pubblicato nel 1890, che lo consacra come autore di fama internazionale. Continua a leggere Narrare l’inquietudine: hamsun prima ancora di kafka