Archivi tag: capolavoro della letteratura

Il processo: Quando la scrittura supera l’arte e diventa ricerca

Qual è la più grande paura dell’essere umano? La morte? Io credo che essa sia solo la rappresentazione massima della più profonda paura umana. Potremmo definire tale paura come il timore di non vivere, e quand’è che non si vive? Forse quando non si è liberi di vivere?

Immaginate una vita in gabbia, sempre sotto controllo, costretti non solo a obbedire a degli ordini, ma seguire impotenti gli avvenimenti che vi coinvolgono senza poter davvero prenderli per le redini, modificarli, anche quando palesemente ingiusti.

Abbiamo l’illusione di essere padroni di noi stessi, di vivere la vita che sognavamo. Ci basta scrivere su di un social network per crederlo, pubblicare una foto su Facebook o su Instagram. Poi, magari, svolgiamo lavori odiati solo per tirare avanti e ci convinciamo persino che ci piacciano pur di non guardare l’impotenza della nostra esistenza. In altri casi, invece, siamo pronti a sacrificare dignità e affetti per del denaro. Comunque sia ci ritroviamo sempre schiavi di qualcosa e pronti a fare cose indesiderate per ottenere un privilegio, che sia grande, piccolo o effimero.

Raccontare con onestà una così forte frustrazione, forse il vero male di vivere, è cosa concessa a pochi, perché poche persone riescono a guardare nella spirale di un’esistenza fallita senza impazzire. Fra questi sicuramente Franz Kafka, nato a Praga il 3 luglio 1883 e morto a Kierling il 3 giugno 1924. Continua a leggere Il processo: Quando la scrittura supera l’arte e diventa ricerca

il doloroso punto di vista di un emarginato

Essendo la vigilia di Natale probabilmente ci si sarebbe aspettati che parlassi di A Christmas Carol del grande Dickens, ma sarebbe stato troppo scontato. Ho preferito scegliere un libro che, in un certo senso, accusa allo stesso modo, se non con maggior brutalità, l’ipocrisia della società che proprio durante le feste emerge in tutto il suo impeto.

Il libro in questione è L’ultimo giorno di un condannato a morte, capolavoro di Victor Hugo scritto nel 1829, in cui sono narrati gli ultimi giorni di vita di un prigioniero del carcere di Bicêtre. Una critica diretta, spietata, fatta da Hugo nei confronti dei bagni penali e della pena capitale, ma non solo; in questo libro si nota un’accusa estesa all’intera società francese in cui la vita umana, quella degli ultimi, non aveva alcun valore: tema da lui trattato in ogni suo capolavoro, ossia l’estremo divarico fra le classi sociali.

Del condannato in questione non sappiamo di preciso la classe sociale, ma dalla descrizione della sua famiglia possiamo immaginare non sia di un ceto autorevole, benché non si tratti neppure di un poveraccio, ma la sua condizione di forzato, peggio, di condannato al patibolo, lo rende una nullità, non altro che immondizia sociale, un cane rognoso sbeffeggiato dal popolo stesso. Continua a leggere il doloroso punto di vista di un emarginato

Kafka: il vero spirito di uno scrittore

Ogni volta che mi domando quale sia il vero senso della scrittura, perché scriviamo, il mio pensiero vola subito a Kafka, a mio dire icona incarnata di quello che dovrebbe essere lo spirito di uno scrittore.

Nella precedente frase il condizionale è più che voluto, perché oggigiorno lo spirito degli scrittori, se di spirito e di scrittori si può parlare, è ben lontano da quello di Kafka; complice un panorama editoriale sempre meno attento al senso primordiale della scrittura, troppo impegnato ad accontentare un pubblico, ahimè, formato in maggioranza da lettori pigri o radical chic.

Ridicolo, e pericoloso, vedere come gli scrittori amatoriali aumentino di giorno in giorno, mentre diminuiscono i lettori. Viene da chiedersi il perché di questa improvvisa esplosione di talenti letterari: mai secolo fu più ricco di scrittori come il nostro.

Siamo dinnanzi alla rinascita della letteratura italiana, oppure al suo totale declino? Continua a leggere Kafka: il vero spirito di uno scrittore

Simenon: raccontare di donne partendo dai propri demoni

Viviamo in un tempo in cui la lotta per la parità di sesso sfocia spesso in uno scontro Uomo – Donna. È un attimo passare dal femminismo a un’altra forma di sessismo, non dissimile dal becero maschilismo. Si grida al femminicidio per qualsiasi evento che coinvolge una donna. Basta un niente a cadere nell’equivoco, al punto che, inconsciamente, io stesso per mostrare il mio modo di pensare ho dovuto qui sottolineare che reputo becero il maschilismo: cosa che dovrebbe essere data per scontato, anche se purtroppo non è così.

La normalità dell’uguaglianza fra uomo e donna che, a mio dire, dovrebbe essere una cosa ordinaria, sembra oggi qualcosa di talmente precario da suscitare timore nel parlarne; aspetto che si riversa anche sulla narrativa, purtroppo, da una parte incutendo preoccupazione quando si dipinge un personaggio femminile in modo negativo, e dall’altra aumentando in maniera esponenziale cliché di donne vittime o in rinascita.

Manca la capacità di raccontare con trasparenza, limitandosi ai fatti e al tempo stesso facendo introspezione nel mondo del personaggio, e questo perché spesso manca la trasparenza con se stessi, e la voglia di apparire soverchia il bisogno di raccontare.

Se ci pensate, due icone della letteratura, Emma Bovary e Anna Karenina, non sono in verità personaggi buoni: entrambe tradiscono un uomo, feriscono qualcuno, e se la seconda quasi la si giustifica, visto il carattere del marito, la prima appare del tutto ingiustificabile.

Eppure adoriamo Emma e Anna, non ci viene da giudicarle, siamo con loro senza canonizzarle come figure di emancipazione femminile o condannarle come adultere.

Questo accade perché Flaubert e Tolstoj sono stati capaci di entrare nei tormenti delle due donne, partendo da se stessi. Continua a leggere Simenon: raccontare di donne partendo dai propri demoni

Narrare l’inquietudine: hamsun prima ancora di kafka

Come nel caso del precedente articolo su Giuseppe Pontiggia, anche adesso provo una certa tristezza pensando che l’autore di cui sto per parlare, benché vincitore del Nobel per la letteratura nel 1920, sia meno conosciuto di tanti scrittori commerciali che, con tutto il rispetto, non hanno neppure una briciola del suo talento.

L’autore in questione è Knut Hasmsun, scrittore norvegese nato nel 1859 e morto nel 1952.

Sono infatti convinto che molti fra voi non conoscono questo colosso giunto alla ribalta con l’opera Markens Grøde (Il risveglio della terra), romanzo pubblicato nel 1917 a cui Hamsun deve la vittoria del Nobel per la letteratura nel 1920.

Prima di allora Hamsun ha scritto tanto e con costanza. Di famiglia povera, fra diversi e umili lavori si è avvicinato alla scrittura a diciassette anni. Ha viaggiato molto, trascorso diversi anni in America, per stabilirsi infine nel 1918, insieme alla sua seconda moglie Marie Andersen, in una vecchia tenuta tra Lillesand e Grimstad dove ha continuato a scrivere, fra un viaggio e un altro.

Dico questo solo per farvi notare come la vita di Hamsun non sia stata facile e che, essendo la sua passione per la scrittura iniziata nel 1876, a diciassette anni dalla sua nascita, ha dedicato quarantun anni alla scrittura prima di arrivare al Nobel nel 1920. Ma il successo lo deve al suo capolavoro Fame, romanzo pubblicato nel 1890, che lo consacra come autore di fama internazionale. Continua a leggere Narrare l’inquietudine: hamsun prima ancora di kafka

Un maestro della letteratura italiana

Spesso, purtroppo troppo spesso, si incontrano persone che reputano scrittori come Stephen King o J. K. Rowling icone della letteratura moderna. Con tutto il rispetto per questi due grandissimi autori, trovo triste che aspiranti scrittori italiani non abbiamo come riferimento, e spesso neanche conoscono, dei veri maestri della letteratura italiana: uomini che hanno dato la vita non solo alla scrittura, ma alla lettura.

Ogni volta che uno scrittore mi dice di non conoscere Giuseppe Pontiggia ho una fitta al cuore, perché ogni autore italiano dovrebbe avere come modello questo scrittore, critico, saggista e meraviglioso intellettuale. Continua a leggere Un maestro della letteratura italiana

Un dramma sempre attuale

Purtroppo non tutti conoscono L’uomo che ride, capolavoro di Victor Hugo, in origine intitolato Per ordine del re; libro pubblicato nel 1869 e con un’insolita gestazione per Hugo: solamente sedici mesi. Eppure a mio dire è un capolavoro di tutto rispetto, al pari di I miserabili.

Ironico pensare che in molti, purtroppo, neppure sanno che devono a Hugo l’esistenza di Joker, il ben più noto personaggio dei fumetti della DC Comics, ideato da Bob Kane e Bill Finger dopo aver visto l’interpretazione di Conrad Veid nel film del 1928 ispirato al romanzo di Hugo. Continua a leggere Un dramma sempre attuale

Il padre del romanzo moderno

Penso sia una bestemmia pensare di poter scrivere senza aver letto Don Chisciotte di Miguel de Cervantes Saavedra. L’opera, infatti, dal titolo originale El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, non è solo considerata un capolavoro della letteratura, ma il Padre del romanzo moderno. Inoltre possiamo definire Cervantes anche il padre del narratore inattendibile: ossia un narratore che narra di gesta così strane, folli, da risultare poco credibile; ma al tempo stesso così bravo da suscitare il dubbio nel lettore e portarlo avanti nella lettura, affascinato e incuriosito.

In sintesi dobbiamo tutto a Cervantes. Continua a leggere Il padre del romanzo moderno

Ma tu hai letto I miserabili?

A mio dire non si può parlare di libri senza menzionare obbligatoriamente I miserabili, capolavoro di Victor Hugo che ha visto la sua prima pubblicazione nel 1862: un romanzo che ha vissuto ben quindici anni di gestazione.

Spesso quando incappo in qualche scrittore che, seppur emergente o addirittura esordiente, mostra una grande presunzione, amo (appunto) chiedergli: «Ma tu hai letto I miserabili?»

Una battuta, certo, ma che fa emergere una triste e assurda realtà: molti novelli scrittori non leggono, o non hanno letto i classici della letteratura.

Ma non voglio soffermarmi su questo aspetto, non ora, almeno; questa parentesi era necessaria per dire quanto sia fondamentale la lettura de I miserabili, non solo perché è uno dei più grandi capolavori della letteratura, ma perché è una vera Bibbia da cui attingere per la gestione dei personaggi e l’intreccio della trama; o meglio, nel caso del suddetto libro, le trame. Continua a leggere Ma tu hai letto I miserabili?