La prima presentazione di Piciul alla Ubik di Napoli con una meravigliosa relatrice: la mia maestra di scrittura creativa, Antonella Cilento.
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Piciul sbarca in Romania.
Grazie di cuore alla redazione di Stiri Diaspora.
E poi, inaspettatamente, un giornale rumeno dedica un articolo al mio romanzo, Piciul.

Piciul: articolo su Il Roma
Grazie a Mara Fortuna, scrittrice Giunti, per questo meraviglioso articolo su Piciul.

Piciul: articolo su La Repubblica
Un bellissimo e generoso articolo scritto da Antonella Cilento sulla rubrica La lente azzurra.



Romanzo Piciul
Edito da Linea Edizioni nel novembre del 2021, Piciul è il primo romanzo che ho pubblicato dopo il mio percorso di studi presso Lalineascritta. La prefazione è stata scritta dalla mia maestra di scrittura creativa, Antonella Cilento, e la sua uscita è stata anticipata da un generoso articolo su La Repubblica.
Distribuito da Messaggerie è ordinabile presso tutte le librerie fisiche o negozi online.
Piciul narra le vicende di cinque adolescenti rumeni che vivono nei vicoli a ridosso della Stazione Centrale di Napoli: Horia, Blanca, Damin, Vali e Dorin; cinque ragazzini cresciuti insieme tra emarginazione, delusioni, dolori ma anche sogni.
Forse, come ha scritto Antonella nella sua prefazione: un punto di vista diverso su una Napoli fin troppo raccontata.
Di seguito un piccolo estratto.
Continua a leggere Romanzo PiciulProgetto editoriale: Il grande racconto di Renoir
Antologia curata da Monia Rota ed edita nel 2019 da Edizioni della seraincui è presente un mio racconto: Fotografie ingiallite.
Di seguito un piccolo estratto:
La foto di sua moglie era ancora sulla libreria, accanto all’attestato professionale di docente, anche se il professor Pietro Tondelli non insegnava più da dodici anni e da altrettanto tempo sua moglie, Clara, era andata via.
In un cassetto della libreria conservava le foto dei suoi alunni, centinaia di volti che si erano susseguiti in vent’anni di carriera. Di ognuno ricordava il nome, il volto, la voce.
Mise via la foto di Giuseppe Chiarolanza, conosciuto come Peppe ‘O cavallo. Era un alunno della quarta C, proprio come Carmelo ‘O puorc. Lo mettevano sempre a fare il palo prima che iniziasse la lezione: “Facit ambress, sta vennen ‘o prufessor’…”
Le labbra ringrinzite si arcuarono in un impercettibile sorriso. Sistemò gli occhiali, acuì lo sguardo e passò in rassegna i numerosi tomi che affollavano la sua libreria.
Dietro la foto di Clara c’era la vecchia edizione di Madame Bovary che lui le aveva regalato. Le diceva sempre che la donna sulla copertina, la signora Daudet dipinta da Renoir, le somigliava.
Clara neppure si era accorta di averlo lasciato nella vecchia casa, e Pietro l’aveva portato con sé.
Continua a leggere Progetto editoriale: Il grande racconto di RenoirUn vero incontro di pugilato: Giulio Milani VS Antonio Franchini
Giorni fa sulla pagina Facebook Gli Imperdonabili, movimento fondato da Giulio Milani, editore della storica Transeuropa, casa editrice che nel 1994 ha pubblicato il fortunato esordio di Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, abbiamo assistito a un confronto di natura epica: Giulio Milani ha parlato di letteratura e di editoria con colui che assieme ad Alberto Rollo è di certo il più famoso redattore editoriale vivente, Antonio Franchini. Un lungo confronto moderato da Peter Genito in cui i due non si sono risparmiati in nulla.
Entrambi non hanno bisogno di presentazioni, sono scrittori e redattori navigati. Mi limito a dire quanto sia pittoresco e istruttivo un simile confronto fra due persone molto diverse: in un angolo del ring, un redattore che dopo aver dato vito alla collana Wildworld per Transeuropa, ha fondato con alcuni suoi autori il movimento degli Imperdonabili, scagliandosi a spada tratta contro ogni tipo di lobby editoriale; nell’altro angolo, il redattore che per ben quindici anni ha tenuto le redini della narrativa italiana di Mondadori, facendo collezionare alla casa editrice milanese numerose vittorie al Premio Strega e ricordato anche per aver scoperto casi editoriali come Paolo Giordano e Roberto Saviano.
Insomma, due personalità agli antipodi. Due professionisti e uomini di grande cultura.
Conoscendo entrambi, non dico la mia, preferisco vediate da voi questo bellissimo confronto ricco di colpi di scena e di ribaltamenti, sicuro che lo troverete illuminante.
Per vedere il video, cliccate sul riquadro nero in basso, alla voce: Guarda su Facebook.

Che si tratti di narrativa o di altro, senza amore non esiste arte.
Si parla spesso di scuole di scrittura creativa. C’è chi è d’accordo, chi è contrario, chi parla solo guidato da un pregiudizio. Di sicuro ogni arte prevede una formazione, su questo non si discute, poi questa formazione può avvenire in tantissimi modi: in ambito scolastico, in un ente privato, lavorando sul campo.
Una cosa però è imprescindibile quando parliamo di creatività: l’amore e la passione per l’arte in cui ci si cimenta.
Un autore di narrativa è per forza un lettore famelico. Uno sceneggiatore o un regista sono per forza grandi appassionati di cinema, al pari di un attore che si imbottisce di film e spettacoli teatrali, così come un pittore non può fare a meno di bazzicare musei e mostre.
Non si tratta di voler apprendere, ma di un bisogno: chi ama insegue l’amato, è così da sempre. Diversamente, non parliamo di amore.
Personalmente, da che ho memoria, prima ancora di innamorarmi dei libri ero innamorato delle storie: sono cresciuto guardando ottimo cinema. A quattrodici anni amavo già David Lynch, Alan Parker, Roman Polanski, Stanley Kubrick, i fratelli Coen e tanti altri. Conoscevo già Pasolini, Monicelli, Zeffirelli e ovviamente Sergio Leone. Per ridere non vedevo certo i cinepanettoni, ma i Monty Pithon. Amavo attori come Jon Woight, l’allora giovane (ma già grandioso) Gary Oldman, Jean Reno (non solo quello di Leon), Michel Galabru, il magistrale Richard Harris, l’inarrivabile Christopher Walken, il troppo sottovalutato Ernest Borgnine o il giovanissimo Gene Hackman che interpretava il reverendo Frank Scott nel film sul Poseidon, o ancora i più commerciali Al Pacino e Robert De Niro. Non ero innamorato di Patsy Kensit o di Kim Basinger, ma di Emmanuelle Seigner e Isabelle Adjani. Mi imbottivo a tal punto di cinema che anziché Vasco Rossi o chissà quale cantautore dell’epoca preferivo ascoltare le sublimi colonne sonore di Ennio Morricone, Eric Serra, Peter Gabriel o ancora quelle composte dal bravissimo regista John Carpenter.
Insomma, non fosse stato per il mio carattere ribelle e il mio essere socievole sarei stato un ottimo nerd: oggi, nell’epoca di Tik Tok, lo sono di certo. Tuttavia, mi imbottivo di buon cinema perché già allora ero innamorato delle storie. Poi sono venuti i libri. Il primo è stato Ventimila leghe sotto i mari. Poi Dracula. I racconti di Edgar Allan Poe. Ho letto anche Ramses, lo confesso, però anni prima avevo letto gran parte delle opere di Shakespeare.
Continua a leggere Che si tratti di narrativa o di altro, senza amore non esiste arte.Mio cugino ha detto che il mio romanzo sarebbe un bel film…
Tra le cose che sento spesso dire dagli autori ancora inesperti c’è senza dubbio: «Il mio romanzo sembra proprio un film», talvolta seguito da: «Me l’ha detto anche la mamma, il mio amico, la mia ragazza, mio cuGGGino, il panettiere, lo sconosciuto a cui ho letto qualche pagina.»
Mi chiedo inevitabilmente perché si sprechi tempo a scrivere narrativa se poi si va subito col pensiero al grande schermo, non ha senso. Certo, l’idea di un film richiama subito al successo, al red carpet, alla notte degli Oscar e a tante cose che fanno gola all’arrivismo umano; ma se questo è lo scopo di chi scrive, sarebbe meglio che si dedicasse direttamente alla sceneggiatura: di certo farebbe più soldi rispetto alla narrativa, su questo non si discute, ma in alcuni casi avrebbe meno gloria, ironicamente. Perché? Ricordate con maggiore facilità il nome di chi ha scritto un libro, o il nome di chi ha sceneggiato un film?
Ovviamente la prima fra le due cose.
Al di là di questo concetto più ideologico, la seconda cosa che penso è sempre: «Secondo quale criterio dovrebbero farci un film?»
Certo, l’ha detto il cugino tuttologo, ma a meno che il suddetto cugino non fosse un rinomato critico cinematografico, uno sceneggiatore di professione o un regista, non credo che il suo parere possa contare qualcosa; soprattutto, il cugino ha i soldi per produrvelo il film?
Ma di questo parleremo dopo. Cerchiamo di capire perché il vostro romanzo dovrebbe diventare un film. Cosa ve lo ha fatto supporre?
Per chiarire questo punto è obbligatorio che vi poniate con sincerità una domanda: So come si scrive una sceneggiatura cinematografica?
Nel più dei casi la risposta è no.
Continua a leggere Mio cugino ha detto che il mio romanzo sarebbe un bel film…Progetto editoriale: La finestra chiusa
Ormai mio padre non ci riconosceva quasi più, nemmeno si alzava dal letto. I medici ci avevano consigliato di continuare a dargli la morfina: non c’era altro da fare, solo attendere.
Mia madre, mutata in una vecchia consunta, vegliava su di lui notte e giorno. China sul letto, a volte gli carezzava il viso come fosse un bambino: quel volto ridotto a ossa che sembravano stracciargli la pelle ingiallita, gli occhi affossati in due grotte buie, la mano ossuta che fendeva l’aria in cerca di qualcosa che solo lui vedeva.
«Ono’, che c’è, sto qua?»
Non avevo mai udito mia madre chiamarlo per nome, non l’avevo mai vista accarezzarlo, ma forse quel mucchio di ossa, di pelle macera che puzzava di sudore dolciastro e di decomposizione, quel cumulo di carne arenata in un letto, quegli occhi spalancati e gonfi di terrore, non erano mio padre: mio padre era già morto, di lui restava solo l’essere umano che non era mai riuscito a essere: un bambino che chiedeva affetto, piangeva, e ora non più da ubriaco.
Più volte io e Anna provammo a portare via mia madre da quel letto a cui sembrava essersi aggrappata, come Onofrio continuava ad avvinghiarsi ostinatamente agli ultimi barlumi di una vita mai vissuta, ma lei non si convinse mai, restava lì ferma al capezzale di quel marito che forse un tempo aveva davvero amato, senza che io ne capissi il motivo.
Si poteva amare Onofrio? Quel composto di urla, brutalità e parolacce; quelle carni sporche, quei denti marci, potevano meritare amore?
A volte sgranava gli occhi verso il soffitto, tendeva la mano in alto come se stesse finalmente toccando qualcosa sospeso in aria, sul suo viso imperlato di sudore appariva appena un sorriso.
«Mamma…»
Poi il suo braccio crollava nel vuoto, reciso.
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