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Che si tratti di narrativa o di altro, senza amore non esiste arte.

Si parla spesso di scuole di scrittura creativa. C’è chi è d’accordo, chi è contrario, chi parla solo guidato da un pregiudizio. Di sicuro ogni arte prevede una formazione, su questo non si discute, poi questa formazione può avvenire in tantissimi modi: in ambito scolastico, in un ente privato, lavorando sul campo.

Una cosa però è imprescindibile quando parliamo di creatività: l’amore e la passione per l’arte in cui ci si cimenta.

Un autore di narrativa è per forza un lettore famelico. Uno sceneggiatore o un regista sono per forza grandi appassionati di cinema, al pari di un attore che si imbottisce di film e spettacoli teatrali, così come un pittore non può fare a meno di bazzicare musei e mostre.

Non si tratta di voler apprendere, ma di un bisogno: chi ama insegue l’amato, è così da sempre. Diversamente, non parliamo di amore.

Personalmente, da che ho memoria, prima ancora di innamorarmi dei libri ero innamorato delle storie: sono cresciuto guardando ottimo cinema. A quattrodici anni amavo già David Lynch, Alan Parker, Roman Polanski, Stanley Kubrick, i fratelli Coen e tanti altri. Conoscevo già Pasolini, Monicelli, Zeffirelli e ovviamente Sergio Leone. Per ridere non vedevo certo i cinepanettoni, ma i Monty Pithon. Amavo attori come Jon Woight, l’allora giovane (ma già grandioso) Gary Oldman, Jean Reno (non solo quello di Leon), Michel Galabru, il magistrale Richard Harris, l’inarrivabile Christopher Walken, il troppo sottovalutato Ernest Borgnine o il giovanissimo Gene Hackman che interpretava il reverendo Frank Scott nel film sul Poseidon, o ancora i più commerciali Al Pacino e Robert De Niro. Non ero innamorato di Patsy Kensit o di Kim Basinger, ma di Emmanuelle Seigner e Isabelle Adjani. Mi imbottivo a tal punto di cinema che anziché Vasco Rossi o chissà quale cantautore dell’epoca preferivo ascoltare le sublimi colonne sonore di Ennio Morricone, Eric Serra, Peter Gabriel o ancora quelle composte dal bravissimo regista John Carpenter.

Insomma, non fosse stato per il mio carattere ribelle e il mio essere socievole sarei stato un ottimo nerd: oggi, nell’epoca di Tik Tok, lo sono di certo. Tuttavia, mi imbottivo di buon cinema perché già allora ero innamorato delle storie. Poi sono venuti i libri. Il primo è stato Ventimila leghe sotto i mari. Poi Dracula. I racconti di Edgar Allan Poe. Ho letto anche Ramses, lo confesso, però anni prima avevo letto gran parte delle opere di Shakespeare.

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Progetto cinematografico: Io sono qui

SCENA 1

INT. TARDA MATTINATA – CASA DI LUCA

LUCA CARULLI, circa trent’anni, si risveglia su di un letto a due piazze in una stanza soppalcata. Tutto è buio.

Nel tirarsi su, visibilmente provato da un dopo sbornia, si rende conto di essersi addormentato vestito; in un lampo un gatto dal pelo rossiccio balza sul letto, miagolando, e inizia a camminargli sulla pancia, ma lui con gesto del braccio lo scosta via e fa per alzarsi.

Guardandosi attorno, vede che sul pavimento giacciono due bottiglie vuote, diversi mozziconi, la fotografia stracciata di lui assieme a una ragazza, da un armadio spalancato escono diversi vestiti da donna e, fra essi, un cuore di peluche squarciato da cui si legge ancora la scritta: “Luca e Sara”.

Sbuffando si tira su e, tossendo, si porta una sigaretta alla bocca e l’accende, mentre il gatto miagola e gli si struscia ai piedi.

Afferra la fotografia da terra, la fissa, gli lancia contro una boccata di fumo e poi la getta via.

Luca:

Sara?

Guarda attorno a sé pensieroso ma al tempo stesso stanco: il portatile che giace sulla scrivania, la ringhiera del soppalco che dà sul balcone chiuso, al piano di sotto.

Barcolla nella stanza, al buio, squassato da conati di vomito e attento a non inciampare nel gatto che gli struscia ai piedi.

Fa per accendere la luce, ma la luce non si accende.

Sbuffa e, seguito dal gatto, vacilla giù per la scala del soppalco e giunge nel soggiorno.

Pigia l’interruttore della luce, ma nulla, la stanza rimane buia.

Luca:

Ma che cazzo…

Seccato e rintontito, cerca a tentoni il quadro della corrente, ma il contatore sembra a posto.

Cala e alza l’interruttore, ma non accade nulla: né sul soppalco né nel soggiorno si accendono le luci.

Nell’allontanarsi, incespica nel gatto e quasi cade faccia a terra.

Luca:

Cristo santo!

Incollerito si precipita verso il balcone, ne spalanca la porta e subito issa la persiana, ma rimane pietrificato. I suoi occhi vitrei, immensi, sono due bolle pronte a esplodere. Sembra non riesca neppure a respirare.

Lentamente, tremulo, spinge la mano in avanti, impaurito al pensiero che quell’immagine intrappolata nelle sue retine sia reale.

Indietreggia terrorizzato, il braccio ancora teso nel vuoto: davanti a lui, a coprire il balcone, si erge un solenne muro di pietra.

Lo sfiora con la mano: è reale. Poi dopo qualche istante, soffocato lo stupore, gli si scaglia addosso e inizia a prenderlo a pugni.

Luca: (urlando)

Ma che cazzo succede?

Cade al suolo, stremato, la schiena contro quella muraglia nata dal nulla che, imponente, sembra deriderlo.

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Progetto cinematografico: lungometraggio Elle (Lei)

SCENA 1

FLASHBACK

INTERNO – CASA DI NICOLA DA BAMBINO – MATTINA

Siamo nel 1996, NICOLA RINALDI, da tutti chiamato NICO, ha dieci anni e sta in camera sua a leggere dei fumetti, mentre dalla cucina si sentono sua MADRE e suo PADRE che litigano.

VFC Padre di Nico:

Vorrei sapere che sfaccimma devo fare di più. Io vi do’ da campare! Che cazzo fareste senza di me?

VFC Madre di Nico:

La vuoi finire di urlare? Di là c’è Nico!

VFC Padre di Nico:

 Sì, strunz’ comm’ a te lo stai facendo diventare! Sempre chiuso in casa a leggere quei cazzo di libri!

Nico stringe forte il fumetto, dalla cucina si odono ancora le grida confuse di suo padre e di sua madre. Poi a un tratto il tonfo di uno schiaffo.

Nico serra gli occhi, gli tremano le labbra. Un istante dopo sente i passi di suo padre avvicinarsi e fissa terrorizzato la porta della cameretta.

Padre di Nico: (fermo sull’uscio della porta)

 E tu smettila di leggere, ca me par’ ‘nu ricchione!

Suo padre va via spedito, Nico sente sbattere la porta di casa e subito sua madre piangere in cucina.

Lento, impaurito al pensiero che suo padre possa spuntare fuori all’improvviso, attraversa un lunghissimo corridoio e arriva in cucina. Sua madre è seduta a tavola, in grembiule da cucina, le mani sul viso stravolto dalle lacrime.

Nico: (avanzando lentamente verso sua madre)

 Mamma…

Sua madre alza lo sguardo su di lui, confusa e al tempo stesso intimorita. Si asciuga velocemente le lacrime, si sforza di sorridere e lo raggiunge.

Madre di Nico: (abbracciandolo)

 Amore, non è niente, mamma e papà discutevano di una cosa. Vieni, andiamo a letto che ti leggo qualcosa

Nico esce dalla cucina, mano nella mano di sua madre. A letto, mentre sua madre, seduta accanto a lui, gli porge un fumetto, lui la guarda perplesso.

Nico:

 Perché non andiamo via io e te?

Madre di Nico: (sospirando e accarezzandoli il capo)

 Tesoro, ma cosa dici…

Papà non è cattivo, è solo che ha tanti pensieri in testa…

Nico la guarda confuso e triste.

DISSOLVENZA

SCENA 2

INTERNO – CASA DI NICO DA BAMBINO – POMERIGGIO

Nella cameretta, Nico legge dei fumetti, quando viene distratto da un rumore proveniente da fuori.

Uscito dalla stanza, percorre il corridoio e, in fondo a esso, al di là della porta della camera da letto dei suoi genitori, vede le sagome di un uomo e una donna che discutono animatamente.

Torna veloce nella cameretta, chiude la porta e, fumetto in mano, si mette a letto. A un tratto si odono voci confuse, poi passi veloci, pesanti; un attimo dopo la porta di casa che sbatte.

Nico fissa intimorito la porta della cameretta. Appena si apre, chiude gli occhi e finge di dormire: ode solo passi, ma sono leggeri.

Sua madre gli si avvicina e lo accarezza, lui continua a fingere di dormire.

Madre di Nico:

 Se non lo lascio è solo per te, amore…

Quando sua madre va via, Nico apre gli occhi e guarda confuso nel vuoto.

DISSOLVENZA

SCENA 3

INTERNO – APPARTAMENTO DI NICOLA – NOTTE

Napoli, 2017. Nico, trentadue anni, è nella sua camera da letto in un misero bilocale nei pressi della Stazione Centrale. Birra in mano, sigaretta in bocca, osserva una fotografia di sua madre posta sul comodino: sua madre era giovane e allegra.

A un tratto ode le grida di un uomo provenienti dalla strada e si avvicina alla finestra. In una stanza d’albergo di fronte al suo palazzo un uomo urla contro una donna, in un altro appartamento un vecchio solo e dall’aria umile guarda la televisione, nel soggiorno di un’altra abitazione, pieno di vecchi dipinti e modellini, un uomo dal volto serio costruisce un veliero.

Nico torna a osservare la foto di sua madre, porta la bottiglia alla bocca, ma si paralizza. Osserva la propria immagine riflessa nello specchio: i vestiti sgualciti, la barba sfatta e le occhiaie.

Scosta subito il capo e dà un sorso deciso alla birra, poi rivolge lo sguardo alla scrivania: fra libri, quaderni e appunti c’è un portatile acceso, la pagina Word quasi vuota.

VO SISSY: (ex moglie di Nico)

 Ti decidi a spegnere quel coso e venire a letto, o hai dimenticato che hai una moglie?

Nico con un gesto brusco chiude il portatile ed esce dalla stanza. Il corridoio è spoglio, sulle pareti ci sono i segni di quadri rimossi. Si ferma sull’uscio della cucina e osserva sul tavolo, fra bottiglie vuote e avanzi di cibo, un atto di divorzio.

Va via ed esce spedito di casa.

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Il linguaggio del romanziere non è quello dello sceneggiatore: scene e sommari

Ad alcuni potrà sembrare strano che io scriva un articolo riguardo il sommario e il suo utilizzo in narrativa, addirittura inutile, trattandosi di una delle forme basilari utilizzate per scrivere un romanzo. Eppure tante volte nel parlare con aspiranti scrittori, addirittura con chi ha già pubblicato, ho riscontrato una totale ignoranza verso questa forma di narrazione che non può definirsi neppure una tecnica né un espediente, in quanto indispensabile per il componimento di un’opera di narrativa, da sempre.

Credo che anche stavolta tale ignoranza sia dovuta alla perdita delle nostre radici e al desiderio spasmodico di seguire tutto ciò che è Made in USA, senza neppure comprendere che i cugini statunitensi hanno furbamente attinto al nostro patrimonio culturale, sfruttandolo talvolta meglio di noi. Non a caso tutti i provetti scrittori che bazzicano il web, e soprattutto i social network, conoscono a memoria il significato di termini quali show don’t tell, cliffhanger, flashback o flashforward, ma cascano dalle nuvole quando gli menzioni il sommario, una forma di narrazione che assieme alle scene compone la struttura di un romanzo: il resto sono espedienti, tecniche utilizzabili o meno; sommario e scene solo l’ossatura del testo di narrativa, senza l’intrecciarsi di ambedue le forme è impensabili poter scrivere un romanzo, salvo magari un racconto.

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Francesco Costa: farci amare un assassino e nel farlo tenerci sempre in tensione

Uno dei temi più trattati nella narrativa, nonché nel cinema e oggi nella serialità, è la dualità. È affascinante pensare a una doppia personalità. Ognuno di noi, che ne sia consapevole o meno, porta dentro di sé una bestia, un lato oscuro: un aspetto della natura umana che affascina e al contempo spaventa.

È però complesso creare un personaggio dalla doppia personalità, si rischia di diventare banali, oppure di eccedere nel dramma e nella brutalità, creando così non più un personaggio duale, ma soltanto una personalità contrastata fino all’inverosimile, oggetto di sbalzi d’umore così repentini da risultare artefatti, persino grotteschi.

In fondo oggi, come per ogni cosa, si tende a credere di sapere tutto e di essere in grado di fare tutto, e senza fatica alcuna. Si mischia ogni cosa in un calderone di conoscenza spicciola, si sminuisce il valore di qualsiasi dottrina, usurpando persino i nomi, utilizzandoli a proprio piacimento e deformandone il senso.

Borderline! Oggi va tanto di moda questo termine, lo si usa senza nemmeno conoscerne il senso; forse perché fa figo, forse proprio a causa di pessimi film e scadenti serie tv che fanno passare ogni eccesso come un disturbo della personalità. Si arrivare persino ad attribuire al disturbo borderline di personalità quelli che sono i tratti del disturbo dissociativo dell’identità.

Questo per dire quanto sia difficile creare un personaggio davvero disturbato, oggi più che mai. Si cade in mille stereotipi. Si creano solo macchiette, personaggi gonfiati fino all’inverosimile. Continua a leggere Francesco Costa: farci amare un assassino e nel farlo tenerci sempre in tensione

IL PRINCIPIO DELL’ANTAGONISMO

Nella rubrica Consigli di lettura abbiamo più volte detto quanto per la buona riuscita di una storia sia necessario che i personaggi, dal protagonista alla più effimera comparsa, siano mossi da un conflitto interiore: un desiderio che, smosso da eventi esterni e interiori, mette in cammino ogni personaggio e così la storia.

Io desidero una donna, la amo e la voglio, ma di colpo il mio migliore amico si invaghisce di lei: fra me e il mio amico nasce una lotta, l’amicizia diventa antagonismo e siamo pronti allo scontro pur di raggiungere l’oggetto del desiderio.

Questo è un esempio banale, classico, ma quando scriviamo dobbiamo sempre sfruttare gli archetipi: sfruttare, non copiare.

Ma complichiamo le cose, facciamo che io desidero una donna, la amo, ma lei è amata anche dal mio migliore amico a cui devo la vita. Questo accende un doppio conflitto: voglio la donna che amo, sono geloso del mio amico, eppure non voglio tradire il senso di riconoscimento nei suoi confronti.

O ancora, io amo una donna, questa donna è amata anche dal mio miglior amico a cui devo la vita ma che in verità detesto, proprio perché salvandomi la vita davanti a una fiamma di gioventù ha dimostrato la propria forza e la mia debolezza, soffiandomi la ragazza.

Potremmo andare avanti all’infinito, coinvolgendo nella disputa fra i due uomini un ulteriore conflitto della donna da loro bramata, magari delle famiglie, degli amici.

Questo è il principio di antagonismo, una forza che non porta semplicemente un individuo a lottare con un secondo individuo per raggiungere un proprio desiderio, ma che smuove desideri contrastanti nella vita interiore di un personaggio, portandolo a compiere azioni, a fare scelte.

Più l’antagonismo con forze esterne e forze interiori sarà forte e complesso, più un personaggio risulterà interessante e la storia avvincente: ecco perché amiamo i personaggi borderline, gli anti-eroi, tutti quelli che sembrano in continua lotta non solo con gli altri, ma con se stessi.

Il principio di antagonismo è spiegato in modo magistrale in Story, manuale di scrittura creato da Robert McKee, una vera bibbia per chi desidera scrivere, che si tratti di scrittura narrativa o scrittura cinematografica.

Di seguito il capitolo in cui McKee insegna come sfruttare al massimo il principio di antagonismo.

Buona lettura. Continua a leggere IL PRINCIPIO DELL’ANTAGONISMO