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Progetto editoriale: La finestra chiusa

IV

Oggi  

Fermo fuori la mia stanza, la fotografia della mia infanzia in mano, fissavo la porta della cucina. Adesso a malapena si udiva il rumore del televisore acceso, al suo posto mi sembrava di sentire le grida di mio padre e le urla di mia madre trent’anni fa.

«Io prendo a quello e me ne vado.»

Rino mi fissava con odio ogni volta che nostra madre urlava quella frase. Quello ero io, lui lo sapeva, e temevo che se mamma mi avesse davvero portato via, lasciando mio fratello lì con Onofrio, lui mi avrebbe ucciso.

Perché mamma voleva portare me e non lui via da Onofrio?

Nel tempo mia madre aveva smesso di minacciare di andare via con me, minacciava di andarsene e basta, poi neppure più quello, rassegnata a restare lì, schiava di Onofrio e di noi figli.

Feci per uscire di casa, ma la porta socchiusa dello sgabuzzino attirò la mia attenzione, al di là di essa udivo il buio sussurrare il mio nome.

Da bambino non la lasciavo mai aperta, perché Rino mi aveva detto che li c’erano i fantasmi, e quando l’aprii pensai che forse mio fratello aveva ragione. Fra scaffalature di ferro piene di carabattole vidi i vecchi attrezzi da lavoro di mio padre, in un angolo erano ammassate alcune cornici scrostate, fra cui una che aveva contenuto una tela di Arturo Grassi, venduta da mio padre dopo il fallimento della fabbrica, ridotta a un buco dove c’erano solo lui e mia madre.

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Lisario, una donna antica, una donna dei nostri tempi.

Oggi più che mai, soprattutto in ambito letterario, parlare di donne è pericoloso, si rischia di cadere nel più sterile populismo, o peggio ancora nella tentazione di dipingere la donna soltanto come vittima, alimentando un sessismo spacciato per femminismo in cui la donna resta comunque una razza, una specie, un oggetto: non un essere umano.

Quanto può essere complesso scrivere di una donna? Cosa dimora nel cuore di una persona che per millenni ha conosciuto ogni tipo di sottomissione e, ancora oggi, nell’era della grande libertà di pensiero, è associata soltanto a un’icona di bellezza fisica o a una fragile creatura da proteggere?

Un’icona, ecco cosa: un oggetto privo di identità, di pensieri, di desideri, contro cui vomitare il proprio credo. Continua a leggere Lisario, una donna antica, una donna dei nostri tempi.