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Lista di editor, consulenti editoriali, agenzie letterarie e molto altro.

Negli ultimi anni il numero di aspiranti scrittori è cresciuto in modo esponenziale, credo sia dovuto soprattutto allo sviluppo delle tecnologie: un tempo, bisognava scrivere su carta e poi magari battere tutto a macchina, oggi basta avere un computer; a questo aggiungiamo la messa a regime dei social network, voce quotidiana di miliardi di persone.

Da sempre, tutti sentiamo l’esigenza di dire qualcosa, ma oggi il web lo rende possibile. Però non basta. Dai blog personali si è passati grazie al Self Publishing alla voglia di mettere in commercio dei veri e propri libri, con i pro e contro che uno strumento privo di controlli comporta.  Di pari passo sono aumentate le realtà editoriali: ne sono nate tantissime negli ultimi anni, valide o meno, spesso così piccine da essere a conduzione familiare, oppure create da persone davvero competenti in ambito letterario. Ma non basta, a cavalcare l’onda sono sbucate anche tante persone che offrono in modo privato servizi editoriali: editor, consulenti, agenti letterari, persino coach.

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Elenco riviste letterarie e case editrici

Ogni tanto bazzico i gruppi Facebook di aspiranti scrittori o autori emergenti, nonostante in ambito editoriale e letterario ci sia un forte snobismo riguardo questo contesti. In ogni caso, la difficoltà maggiore che trovo in questi autori è la capacità di farsi conoscere negli ambienti giusti. Molti si auto-pubblicano (con pro e contro), altri restano affossati nella rete della micro editoria. Li vedo spesso domandarsi come farsi conoscere, come vendere due o tre copie in più, a quale casa editrice rivolgersi o quale canale promozionale funzioni meglio.

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Il mio mini racconto vincitore della Call 12 di Oblique

Non ci potevo credere quando sono stati annunciati i vincitori della Call n° 12 indetta dalla prestigiosa Oblique sulla pagina Instagram Atomi_oblique. Quando inviai questo testo, parte di un lavoro più grande, non pensavo minimamente di essere scelto tra migliaia di scrittori, su un portale dove spiccano nomi come quello di Giulio Mozzi, e invece…

È stata un’esperienza davvero formativa potermi confrontare con il grande Leonardo G. Luccone. E grazie ad Antonio Russo De Vivo per avermi spronato a partecipare alla Call.

Potrete leggere qui il mio testo:


Racconto Domani sulla rivista Salmace.

Un mio racconto scritto durante i laboratori di scrittura di Antonella Cilento, letto e argomentato dall’editor e scrittore Bruno Nacci e in seguito scelto dall’editor Antonio Potenza per la rivista Salmace.
Potete leggerlo qui:

Presentazione online di Piciul con Diego Di Dio e Valerio Marra

Un meraviglioso momento con due amici e colleghi: Diego Di Dio, autore La Corte edizioni, editor e agente letterario e Valerio Marra, autore Newton ed editor.

Sul mio profilo Instagram potrete rivedere la simpatica diretta.

Mio cugino ha detto che il mio romanzo sarebbe un bel film…

Tra le cose che sento spesso dire dagli autori ancora inesperti c’è senza dubbio: «Il mio romanzo sembra proprio un film», talvolta seguito da: «Me l’ha detto anche la mamma, il mio amico, la mia ragazza, mio cuGGGino, il panettiere, lo sconosciuto a cui ho letto qualche pagina.»

Mi chiedo inevitabilmente perché si sprechi tempo a scrivere narrativa se poi si va subito col pensiero al grande schermo, non ha senso. Certo, l’idea di un film richiama subito al successo, al red carpet, alla notte degli Oscar e a tante cose che fanno gola all’arrivismo umano; ma se questo è lo scopo di chi scrive, sarebbe meglio che si dedicasse direttamente alla sceneggiatura: di certo farebbe più soldi rispetto alla narrativa, su questo non si discute, ma in alcuni casi avrebbe meno gloria, ironicamente. Perché? Ricordate con maggiore facilità il nome di chi ha scritto un libro, o il nome di chi ha sceneggiato un film?

Ovviamente la prima fra le due cose.

Al di là di questo concetto più ideologico, la seconda cosa che penso è sempre: «Secondo quale criterio dovrebbero farci un film?»

Certo, l’ha detto il cugino tuttologo, ma a meno che il suddetto cugino non fosse un rinomato critico cinematografico, uno sceneggiatore di professione o un regista, non credo che il suo parere possa contare qualcosa; soprattutto, il cugino ha i soldi per produrvelo il film?

Ma di questo parleremo dopo. Cerchiamo di capire perché il vostro romanzo dovrebbe diventare un film. Cosa ve lo ha fatto supporre?

Per chiarire questo punto è obbligatorio che vi poniate con sincerità una domanda: So come si scrive una sceneggiatura cinematografica?

Nel più dei casi la risposta è no.

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Il linguaggio editoriale che un autore deve assolutamente conoscere

In onestà credevo non fosse necessario trattare temi così elementari, cose che dovrebbero essere conosciute benissimo da chi cerca di pubblicare un libro. Purtroppo spesso le nozioni recuperate sul web confondono, basti pensare che Amazon chiama sinossi quella che, a tutti gli effetti, è la quarta di copertina.

Il linguaggio editoriale è importante. Non mi riferisco al linguaggio utilizzato esclusivamente dagli addetti ai lavori. Non è detto che un autore debba conoscere cosa si intenda in una redazione quando si parla di una vedova e di un’orfana, ovvio, ma ci si aspetta che un autore conosca almeno i rudimenti del mestiere che sta cercando di intraprendere.

Immaginate di andare a fare un colloquio come magazziniere, okay? Vi saranno chieste cose inerenti al lavoro a cui aspirate, giusto? Si useranno termini relativi alle mansioni che dovrete svolgere, vi parleranno di stoccaggio, di picking & packing, di transpallet e altri termini chiarissimi per chi ha dimestichezza in tale ambito, o comunque conosciuti da chi si è informato prima di sostenere un colloquio.

Dunque, perché un autore non dovrebbe conoscere i termini editoriali, o almeno quelli che gli saranno chiesti prima che lui invii la propria candidatura fra migliaia di candidature? E secondo voi, perché mai un editore che riceve migliaia di candidature in un anno dovrebbe rispettare chi non ha neppure la cura di seguire le sue istruzioni?

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Ho scritto un romanzo, e adesso?

Ho scritto un romanzo, e adesso? Adesso come prima cosa assicurati che sia veramente finito. Troppe volte si crede ultimato un lavoro che in verità è solo una prima stesura. Sarebbe consigliabile farsi leggere da qualcuno che ne capisce, un lettore forte e analitico, capace di essere il più oggettivo possibile. Fatto questo, bisogna capire cosa si desidera fare del proprio lavoro, e per farlo è necessario compiere la cosa più difficile non solo per uno scrittore, ma per tutti: essere onesti con se stessi.

Quale valore il mio testo?

Per rispondere a questa domanda dovrete ovviamente non cantarvela da soli né essere troppo insicuri, ma obbiettivi, e per farlo bisogna aver letto tanto e bene, così che possiate paragonarvi ai grandi scrittori. Ultima cosa, dovrete essere consapevoli delle vostre attuali capacità: ho scritto qualcosa di migliore?

In base alle risposte potrete capire a chi puntare, perché in base a questo capirete come muovervi.

Ho scritto un lavoro per la piccola editoria, per la media editoria, per la grande editoria oppure voglio puntare a un concorso? O magari voglio pubblicare in Self publishing?

Ogni scelta prevede un percorso diverso, ovviamente salvo la casualità, che c’è sempre.

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Progetto editoriale: La finestra chiusa

IV

Oggi  

Fermo fuori la mia stanza, la fotografia della mia infanzia in mano, fissavo la porta della cucina. Adesso a malapena si udiva il rumore del televisore acceso, al suo posto mi sembrava di sentire le grida di mio padre e le urla di mia madre trent’anni fa.

«Io prendo a quello e me ne vado.»

Rino mi fissava con odio ogni volta che nostra madre urlava quella frase. Quello ero io, lui lo sapeva, e temevo che se mamma mi avesse davvero portato via, lasciando mio fratello lì con Onofrio, lui mi avrebbe ucciso.

Perché mamma voleva portare me e non lui via da Onofrio?

Nel tempo mia madre aveva smesso di minacciare di andare via con me, minacciava di andarsene e basta, poi neppure più quello, rassegnata a restare lì, schiava di Onofrio e di noi figli.

Feci per uscire di casa, ma la porta socchiusa dello sgabuzzino attirò la mia attenzione, al di là di essa udivo il buio sussurrare il mio nome.

Da bambino non la lasciavo mai aperta, perché Rino mi aveva detto che li c’erano i fantasmi, e quando l’aprii pensai che forse mio fratello aveva ragione. Fra scaffalature di ferro piene di carabattole vidi i vecchi attrezzi da lavoro di mio padre, in un angolo erano ammassate alcune cornici scrostate, fra cui una che aveva contenuto una tela di Arturo Grassi, venduta da mio padre dopo il fallimento della fabbrica, ridotta a un buco dove c’erano solo lui e mia madre.

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