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L’incipit, questo sconosciuto.

Ogni giorno nei gruppi Facebook per aspiranti scrittori leggo decine di incipit, così come ogni giorno qualcuno mi contatta per chiedermi un parere sul proprio incipit.

In ambedue i casi quello che leggo non è mai un incipit, ma un estratto del romanzo, spesso lungo una cartella o anche più.

Che sia l’inizio di una scena, un breve sommario, non è comunque un incipit che leggo.

Credo sia necessario fare chiarezza su cos’è un incipit: è l’inizio della storia, ed è l’inizio della storia per il lettore, dunque ciò che gli permette di lasciare il mondo reale per entrare nel mondo narrativo. Ciò che viene subito dopo è già la storia che il lettore, nel più dei casi, leggerà solo se l’incipit dovesse colpirlo, perché se la magia che porta una persona a immergersi in una storia non avviene immediatamente, non funziona. Il lettore ci molla.

Potremmo definire l’incipit come una promessa narrativa, con esso promettiamo al lettore che andando avanti nella lettura troverà qualcosa di bello, degno del suo tempo.

Questo ci porta a una domanda: ma allora dovremmo scrivere per far felice il lettore?

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Una storia è fatta di svolte: I quindici beat sheet di Blake Snyder

Quello che noto alcune volte quando leggo un aspirante scrittore è la carenza di svolte nella storia, e per svolte non intendo azioni eclatanti, ma eventi che, nati da una causa, producano un effetto nella vita dei personaggi dinnanzi cui questi non possono restare passivi.

La vita umana è sempre basata sul principio Causa/Effetto, da questo non si sfugge. La Causa è ciò che crea l’Effetto, ed esso ci porta inevitabilmente a dover compiere una scelta, dunque un’azione.

Prendiamo per esempio un capolavoro della letteratura italiana che di sicuro conoscete, Il barone rampante, di Italo Calvino, un romanzo in cui l’innesco della storia è immediato.

Cosimo Piovasco di Rondò, durante uno dei soliti e noiosi pranzi in famiglia, disobbedisce a suo padre che vuole costringerlo a mangiare le disgustose lumache cucinate da sua sorella Battista e, risoluto, sale su un albero, deciso a non scendere più.

Ora, se il rifiuto di Cosimo si fosse ridotto a un blando tira e molla con suo padre, non sarebbe accaduto nulla, invece Cosimo, a seguito di un conflitto nato dalla richiesta paterna, risponde decidendo di salire su un albero e di restarci per sempre; non resta passivo, agisce, e lo fa mosso da un conflitto interiore che, nell’evolversi della storia, risulterà avere radici ben più profonde di una semplice lite dovuta a un piatto di lumache.

Ecco, le svolte portano i nostri personaggi a prendere decisioni e ad agire, e a farlo in modo concreto e coerente con il loro mondo interiore, che sia conscio o inconscio.

Sembra una cosa scontata, eppure, come detto inizialmente, spesso leggo pagine e pagine in cui non succede nulla, in cui i personaggi spiegano i propri sentimenti, si parlano addosso, girano e rigirano sempre attorno alla stessa questione senza che accada mai niente: la storia non va avanti. Continua a leggere Una storia è fatta di svolte: I quindici beat sheet di Blake Snyder

L’importanza di conoscere i propri personaggi.

Di certo vi è capitato di leggere libri e averli trovati bidimensionali, piatti.

Oggi voglio concentrarmi su una componente fondamentale in una storia: i personaggi.

Per quanto una storia possa essere originale, purtroppo, ed è un dato di fatto, nel più dei casi tratterà comunque argomenti già detti, dunque sono tre le componenti che rendono una storia davvero unica: il modo in cui è scritta, la voce dell’autore, e i personaggi.

I personaggi devono vivere la storia, non subirla, e quando ciò accade anche una trama narrata mille volte diventa nuova, perché sono i suoi personaggi a viverla in modo unica.  

Quando una storia vi sembra piatta, nel più dei casi la colpa è dovuta a cattivi personaggi: personaggi fasulli, senza una vita reale alle spalle, spesso inseriti solo per far da spalla al protagonista. Continua a leggere L’importanza di conoscere i propri personaggi.