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Che io chiamo arte: Marosia Castaldi, una scrittrice che merita giustizia

Con Franz Kafka abbiamo mostrato più di una volta quella che potremmo definire la cecità editoriale, o forse sarebbe giusto dire che non si tratta di cecità, quanto di una vista sin troppo acuta ma indirizzata a ciò che richiede il mercato: dare al popolo il prodotto che domanda anziché educarlo alla bellezza.

Più volte ho esposto il mio pensiero, ovvero il non essere contrario alla letteratura di intrattenimento e persino alle autobiografie, spesso autocelebrative, scritte da qualche Ghostwriter per il vip di turno. Non sono questi i problemi dell’editoria, lo ricordo ancora una volta, il problema sussiste quando il livello qualitativo di ciò che viene spacciato per letteratura cala in modo notevole.

La letteratura di intrattenimento o il libruncolo del vip non fa danno alcuno, anzi, potrebbe portare soldi alle case editrici e queste case editrici potrebbero investirli per pubblicare libri di alta qualità e dar spazio a nuove voci, magari difficili da piazzare perché poco affini alle richiesta del mercato, ma innegabilmente degne di essere pubblicate.

Purtroppo non sempre accade. A Kafka non è successo. Superato da incapaci, o comunque da scrittori meno geniali di lui, è morto da sconosciuto, come se non fosse il genio della letteratura che oggi tutti riconosciamo.

A mio dire il successo postumo è lo sbeffeggio a una vita di sofferenze e di umiliazioni, di rifiuti e di frustrazione, quasi una voce ipocrita sussurrasse al malcapitato: «Oh, ci scusi tanto, ci dispiace che lei abbia sofferto, fatto lavori che detestava pur di tirare avanti mentre vedeva altri meno bravi di lei passarle davanti. Ci perdoni per averla lasciata a morire da solo, non avevamo capito il suo genio. Ne siamo davvero spiacenti».

Il vaffanculo ci starebbe tutto, no?

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Parole che danzano dipingendo nuovi mondi

Esistono libri che si rimpiange di aver letto, ma non in senso negativo, quanto perché durante la lettura ci si accorge che dopo non si potrà trovare di meglio in un altro testo. Sono libri rari, tesori inestimabili che racchiudono il senso intimo della letteratura.

Forse non a casa gli autori di questi preziosi capolavori hanno scritto ben poco, perché probabilmente a loro volta non avrebbero potuto fare di meglio: superare quel meraviglioso grido che hanno inciso sulla carta e nei secoli.

Purtroppo nel caso di Bruno Schulz la sua opera letteraria fu stroncata da una pallottola sparata da un ufficiale della Gestapo il 19 novembre 1942.

Sono sicuro che molti non conoscono neppure il nome di questo magnifico scrittore, ritenuto oggi uno dei più grandi (se non il più grande) esponente della letteratura polacca.

Nato da una famiglia ebrea della Galizia orientale nel 1982, a Drohobyč, è stato uno scrittore, pittore e critico letterario, ma “grazie” all’olocausto compiuto dalla Germania la maggior parte dei suoi scritti sono andati perduti, fra cui il suo unico romanzo, all’epoca incompiuto, denominato Il Messia. Continua a leggere Parole che danzano dipingendo nuovi mondi