La prima volta che vidi Lia stavamo impiccando Ugo, e subito la trovai bellissima. Eravamo davanti alla pizzeria di Gigino ‘o suldat in Via Torino, uno dei tanti vicoli di Piazza Garibaldi in cui io, Checco e Ugo spadroneggiavamo, almeno a detta nostra.
Gigino inveiva contro di noi. Alcune persone ci prendevano in giro vedendoci a fatica issare Ugo su di un palo mentre lui rideva, al collo un cappio ricavato da un cavo elettrico.
Era la terza volta in due mesi che provavamo a impiccarlo, e solo perché ci annoiavamo, ma puntualmente non riuscivamo a tirarlo su più di una decina di centimetri.
Quando Ugo cadde culo a terra, sotto le risate dei presenti e le grida di Gigino che ci intimava di andare via perché gli rovinavamo la reputazione del locale, già poco solida a causa dei panzarotti e delle zeppole fetenti che friggeva in un olio rancido, davanti a noi passò un furgoncino carico di bagagli.
Grazie mille alla scuola di scrittura creativa Lalineascritta, fondata più di ventisei anni fa dalla scrittrice Antonella Cilento.
Il terzo incontro della ottava edizione (2019-2020) de “I Magnifici Sette”, la serie di lezioni magistrali sui classici della letteratura che lo scrittore Giuseppe Montesano tiene nell’ambito dei laboratori di scrittura creativa de Lalineascritta. Questa lezione, tenutasi a Napoli il 5/12/2019, ha come protagonista lo scrittore polacco Bruno Schulz. Tutti i dettagli del ciclo qui: http://bit.ly/2olpqhX
Il mio primo romanzo, Viola come un livido, edito nel 2013 dalla Damster edizioni in versione digitale e, posizionatosi terzo all’Eroxè Context, pubblicato in cartaceo nel 2014 è nato praticamente da solo, scritto in un paio di mesi con tutta la passione e la follia di un cuore innamorato ma tanto, davvero tanto, immaturo. Prima di allora scrivevo solo racconti acerbi e sgrammaticati, a dirla tutta, eppure già avevo dalla mia quella che dovrebbe essere una delle doti fondamentali per uno scrittore: la costanza.
Potrei definirlo un piacevole esperimento e, cosa più importante, lo strumento che mi ha fatto entrare nell’ottica di scrivere anche per un pubblico.
Una storia piacevole da cui traspare tutta la mia ingenuità, l’incapacità di chi è alle prime armi, la mancanza di un forte bagaglio letterario, ma anche il bisogno di dire qualcosa e usare la narrativa come mezzo per farlo.
Commovente per alcuni, romantico o divertente per altri, io lo vedo oggi, a distanza di sei anni, come un piccolo inizio che ho voluto lasciare in commercio, diversamente dalle seguenti pubblicazioni.
Come spesso succede, dopo l’uscita del mio primo romanzo sono stato preso dalla smania di pubblicare, nemica in agguato per ogni esordiente. Dal 2014 fino al 2016 ho pubblicato altri sette romanzi con tre diversi editori: Damster, Lettere animate e Meligrana; praticamente tre romanzi l’anno.
Oggi provo quasi tenerezza per l’autore frettoloso e incosciente che ero. Nel rileggere i vecchi testi, prontamente tolti dal commercio, vedo solo pagine e pagine di inutili digressioni atte a cercare di rappezzare una trama scarna e una prosa piatta.
C’è però da dire che quei due anni sono serviti a insegnarmi a scrivere ogni giorno.
Come ho già detto, prima ancora dei romanzi scrivevo racconti. Ho partecipato a diverse antologie e ne ho curate due, prima fra queste Zero, redatta insieme alle scrittrici Elisa Bellino e Maddalena Costa ed edita dalla Damster.
La seconda, invece, Macerie, pubblicata dalla Les Flâneurs Edizioni e di cui sono stato curatore insieme alla scrittrice Maddalena Costa e allo scrittore Claudio Santoro, aveva lo scopo di raccogliere fondi per le vittime del sisma avvenuto ad Amatrice nel 2016. È stata la mia ultima pubblicazione prima di iniziare gli studi presso la scuola di scrittura creativa Lalineascritta, fondata dalla scrittrice Antonella Cilento.
Nel 2016, iniziati gli studi presso Lalineascritta, ho smesso di rincorrere le pubblicazioni facili e mi sono concentrato soltanto sullo studio della scrittura creativa e sulla lettura dei grandi maestri della letteratura, seguito con zelo da Antonella Cilento.
Pur continuando a lavorare a nuovi romanzi, sono tornato a dedicarmi prevalentemente ai racconti, alcuni dei quali sono stati valutati da Antonio Franchini, Giulia Ichino, Manuela La Ferla e Bruno Nacci.
La prima pubblicazione dopo un silenzio editoriale di circa un anno è avvenuta del 2017 con due racconti brevi editi sul quotidiano Il Roma e intitolati dalla redazione Amoressia in punta di forchetta e Sagome nella notte nella camera azzurra, entrambi scritti come omaggio a due romanzi del maestro Georges Simenon.
Durante il triennio presso Lalineascritta tra i lavori a cui mi sono dedicato spicca Piciul, romanzo editato insieme ad Antonella Cilento.
Alcune pagine di un altro romanzo, La finestra chiusa, riscritto da zero ben tre volte e concluso in prima stesura al termine del mio percorso presso Lalineascritta, sono state lette al termine del terzo anno di scrittura creativa da Antonio Franchini che le ha valutate positivamente.
Allo stato attuale, oltre ai due suddetti romanzi, ho terminato altri tre romanzi, di cui uno in collaborazione con l’attrice e presentatrice Noemi Gherrero, e mi sto dedicando a un romanzo sperimentale. Convocato dall’amica e scrittrice Olympia Fox ho partecipato all’antologia Il grande racconto di Renoir, dando il mio contributo con il racconto Fotografie ingiallite.
Ho inoltre scritto tre drammaturgie, due sceneggiature cinematografiche e sto lavorando a un soggetto ideato dalla Gherrero per redigere trattamento e sceneggiatura di un Teaser.
Come denunciato più volte, il nostro è un tempo in cui i lettori di narrativa, quelli veri, famelici, sono una minoranza. Si legge poco e spesso male, complice non solo il ritmo frenetico della vita, ma soprattutto l’evolversi della tecnologia.
Una volta scrissi a un’amica: «Un tempo in bagno leggevamo un libro, oggi fissiamo il cellulare.» Una frase ironica ma che fa pensare: quanti di noi nei momenti liberi aprono un libro anziché fissare il display dello smartphone?
Quando lavoravo in un call center avevo quindici minuti di pausa ogni due ore, tempo che usavo per leggere, mentre attorno a me vedevo persone vagare nel cortile fissando il cellulare. Due ore in gabbia, al telefono, e durante quindici minuti di pausa cosa facevano? Fissavamo inebetiti il cellulare.
Non è il tempo che manca, no, ma la voglia: voglia spesso lesa dalla facilità di distrazioni che ci viene fornita, quasi come a un criceto in gabbia viene data una ruota in cui girare.
In media in un’ora si potrebbero leggere trenta o cinque pagine di un libro, invece sprechiamo ore a fissare lo schermo di un cellulare, a guardare pessime serie TV o a chattare con gente di cui ci interessa ben poco.
È una diseducazione al piacere della lettura, ecco cosa. Una continua, costante lobotomizzatone che assopisce la fantasia e non solo, perché, cosa più grave, atrofizza la curiosità.
Di questo passo nasceranno nuove generazioni colme di giovani del tutto disincantati, privi di sogni e di nobili ambizioni: solo materia organica controllabile, come già stiamo vedendo. Continua a leggere leggere può cambiare il mondo→
Fino a cinque anni fa trovare aspiranti scrittori che parlassero di cose come editing era davvero raro, oggi, invece, sembra che tutti siano editor, correttori di bozze o esperti di scrittura. Si usano termini quali show don’t tell, cliffhanger, storytelling o storyline senza averne studiato il significato, spesso ignorando le regoli basilari della scrittura narrativa quali la struttura in tre atti aristotelica.
Come in ogni campo, anche nel mondo della scrittura la crescita esponenziale del web, e soprattutto dei social, ha sdoganato un esercito di persone che attingono piccole nozioni qui e là e credono queste bastino a formali: è il popolo italiano in questo preciso momento storico, tutti credono di sapere tutto e di poter fare tutto.
Questo aumento vertiginoso di provetti scrittori ha dapprima attirato l’interesse di colossi imprenditoriali quali Amazon, portale che ha subito capito di poter lucrare sulle ambizioni (o illusioni) di molti, creando così il Self Publishing. Come Amazon, in molti hanno trovato in questi novelli autori una miniera d’oro: case editrici a pagamento o a doppio binario, minuscole realtà editoriali fondate da persone del tutto ignoranti in ambito letterario, editor improvvisati, blogger e agenzie letterarie nate dal nulla.
Oggi più che mai, soprattutto in ambito letterario, parlare di donne è pericoloso, si rischia di cadere nel più sterile populismo, o peggio ancora nella tentazione di dipingere la donna soltanto come vittima, alimentando un sessismo spacciato per femminismo in cui la donna resta comunque una razza, una specie, un oggetto: non un essere umano.
Quanto può essere complesso scrivere di una donna? Cosa dimora nel cuore di una persona che per millenni ha conosciuto ogni tipo di sottomissione e, ancora oggi, nell’era della grande libertà di pensiero, è associata soltanto a un’icona di bellezza fisica o a una fragile creatura da proteggere?